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Il Fenomeno Manu Martin
IL PERSONAGGIO

Il Fenomeno Manu Martin

È la web-star del padel con il suo canale Mejora Tu Padel con il quale vanta un numero di follower superiore a quasi tutti i top players. Ma il maestro spagnolo è ben altro: ex giocatore, ora è nel coaching staff di Arturo Coello e commentatore tecnico per il World Padel Tour. Ma soprattutto resta lo YouTuber più famoso del padel


Quarant’anni lo scorso maggio, madrileno, volto e favella che paiono fatti apposta per stare davanti alla telecamera, Manu Martín – la web-superstar del padel – ha iniziato a costruire il suo futuro, come capita in tante storie di successo, arrivando da un altro contesto e, se proprio vogliamo dirlo, da un paio di fallimenti. «Fino a 19 anni giocavo a tennis, solo che tentare l’avventura da professionista era molto dispendioso per la mia famiglia, si doveva investire tanto per viaggiare e allenarsi. Così, a un certo punto, siccome non girava, decisi di smettere». Invece di deprimersi, però, l’adolescente Manu si diede da fare. Si iscrisse a scienze motorie; per arrotondare, dava lezioni in un circolo della città. In quel tennis club c’erano campi da padel e, delle due possibili reazioni del tennista alla vista di quei rettangoli con le pareti (attrazione o repulsione) scelse, istintivamente, la prima. «Fu una cosa molto rapida: fin da subito mi attrasse e iniziai a giocarci per curiosità. Presto mi appassionai e anzi, direi proprio che me ne innamorai. Senza neanche accorgermene, stavo iniziando a sottrarre ore al tennis per poter giocare un’ora in più a padel».

«Durante la pandemia pensai di iniziare a sfruttare la potenzialità di Internet. Volevo parlare ai giocatori di padel di tutti i livelli, compresi i principianti. In campo, puoi farlo a due persone per volta, su YouTube a milioni. Mi dissi: chissà, forse questo potrebbe essere un business…» Manu Martin

Come prima opzione, vista l’età ancora favorevole per provarci, Martin scelse l’agonismo: «Mi misi in testa di tentare di fare nel padel quello che non mi era riuscito nel tennis e frequentai il circuito per qualche anno». Giocò una semifinale a Barcellona, nella quale lui e il socio vennero spazzati via da Juan&Bela, Juan Martín Díaz e Fernando Belasteguín, i mostri sacri di quegli anni. Un match di cui conserva ancora un ricordo dolceamaro, tra la soddisfazione di affrontare due icone e la presa di coscienza di non appartenere a quello stesso pianeta. Una volta realizzato che le aspettative, anche in quel caso, non coincidevano coi risultati, prese la decisione fatale: insegnare. Una scelta agevolata da una norma – un po’ singolare, per il vero – del World Padel Tour che vietava di essere allo stesso tempo coach e giocatore. E giacché «come professionista, purtroppo, non ero così forte», racconta oggi Manu con la consapevolezza di chi sa giudicare le doti proprie con lo stesso occhio lungo che usa per quelle altrui, la strada era segnata: basta per sempre con l’agonismo, anima e corpo nel coaching. Iniziò da fine 2012 sedendo sulla panchina della coppia Reca-Nerone, nella top ten del ranking mondiale; a fianco dell’attività di mentore, strinse una collaborazione con la federazione spagnola, in cerca di docenti capaci di trasmettere concetti e metodi a una categoria in crescita vertiginosa, quella dei maestri di padel.

Martín capì alla svelta che il padel era una prateria inesplorata. Punto primo, la categoria dei coach era tutta da inventare. Punto secondo, i suoi colleghi o aspiranti tali avevano bisogno di contenuti. Ecco come nasce il fenomeno Manu Martín: un oscuro sito web e un canale YouTube, nato esattamente dieci anni fa, l’embrione di Mejora tu padel. Non pensate al Manu di questi tempi: erano – anzi: sono, alcuni video sopravvivono tuttora – filmati con appeal generalista pari al nulla, semplicemente perché non pensati per il grande pubblico. Per dirne uno: il contenuto Profilaxis del Monitor de Pádel del 2013 spiega l’importanza del controllo posturale per prevenire gli infortuni. Se non ti interessa l’argomento perché con quelle cose ci lavori, sbadigli. Nessuna post-produzione, peraltro, audio ambientale così così, zero pretese.

Quasi non ci si crede, ora che Manu sta davanti alla camera come Fiorello. «Il web era uno strumento per facilitare il mio lavoro con la federazione. Mi rendevo perfettamente conto che quel tipo di contributi non potevano essere divulgativi perché erano troppo tecnici e destinati a un pubblico ristretto». E però, come capitava nel vecchio West, il primo ad arrivare si prendeva tutta la terra. Lui capì di essere arrivato per primo, col vantaggio di parlare la lingua dei Paesi in cui il padel è nato e ha fatto boom prima e più che altrove, Spagna e Argentina. «Fu in quel periodo che pensai di iniziare a sfruttare la potenzialità di Internet per pubblicare cose destinate alla gente normale e che potesse funzionare. Volevo parlare ai giocatori di padel di tutti i livelli, compresi i principianti. In campo, puoi farlo a due persone per volta. Su YouTube, potenzialmente, a milioni. Mi dissi: chissà, forse questo potrebbe essere un business…».

Il dubitativo era ancora tale non troppo tempo fa: «Ricordo benissimo il primo video tutorial: dicembre 2016. Filmato col mio iPhone» e gettato nell’oceano digitale, a disposizione degli utenti di YouTube. Che non a caso significa TelevisioneCheTiFaiTu e ha contribuito a creare un mondo parallelo alla televisione tradizionale, con le sue star. Di cui lui fa parte appieno.

Manu Martin ha 288.000 iscritti al suo canale e 292.000 follower su Instagram. Per dire, Arturo Coello ne ha “solo” 269.000…

A leggere i numeri di oggi – 288.000 iscritti al suo canale, 50 milioni di visualizzazioni, 292.000 follower su Instagram – si potrebbe pensare a un percorso facile, come quei ragazzi che compaiono una sera in un talent show e, il giorno dopo, hanno già frotte di seguaci digitali, l’agente, l’ufficio stampa e il manager. «Il mio caso è diverso: non sono stato poi così rapido a diventare famoso. Quando ho iniziato a fare video divulgativi, in tutti gli anni di lavoro precedenti avevo accumulato sì e no 3.000 iscritti, era un pubblico di nicchia. Poi il fenomeno ha preso dimensioni superiori cambiando tipo di contenuti. Ma non subito. Se devo scegliere un passaggio fondamentale, direi che mi sono accorto di qualcosa durante la pandemia. Ma penso sia stato così per altri content creator. La gente era chiusa in casa e ha iniziato a condividere i miei tutorial, i tips, le spiegazioni delle regole di base perché tanti si avvicinano al padel e hanno dubbi sul regolamento». Ora che il fiume è in piena, Manu è più conosciuto di tanti professionisti del padel. Arriva ai tornei e chiedono più selfie a lui che a buona parte degli atleti in gara. I numeri vanno di conseguenza: «Attualmente il mio canale YouTube cresce di circa 5.000 nuovi subscriber al mese. Negli ultimi mesi il ritmo è più che raddoppiato, siamo arrivati a 13.000 ma c’è una spiegazione: il WPT, ormai, sta toccando tutto il mondo. Andiamo a giocare in Paraguay, Cile, in Qatar ed è normale si aprano nuove possibilità». E nuovi mercati.

Altra particolarità che molti forse non sanno è che Manu basa ancora buona parte del suo lavoro digitale sull’essere uno e trino: filma, edita, pubblica tutto per conto suo. «Onestamente, se si parla di qualità tecnica dei contenuti, credo di aver raggiunto un livello almeno medio in tutti i comparti. Ho un cameraman e un editor, ma quando sono in viaggio continuo a fare tutto da solo perché non ho le risorse per portarmi in giro per il mondo lo staff. Se registro un contenuto oggi, su YouTube faccio l’upload il giorno dopo perché il mio pubblico è abituato a essere informato su quello che succede nei tornei in cui vado. Quindi di giorno registro, la sera edito e il mattino dopo il prodotto è online. Tutto fatto da me». Per diversificare l’offerta e intercettare più pubblico, Manu divide la sua presenza su un account Instragram «perché quella piattaforma è più usata dai ragazzi e dalla gente per svago, mentre su YouTube si vanno a cercare tutorial sui colpi e sulle regole».

«Al di là delle qualità straordinarie di Arturo, trovo una connessione tra le mie due attività, di coach fisico e virtuale, perché i ragazzi che ora stanno emergendo nel Tour mi conoscono già per i miei video, quindi con loro si stabilisce da subito una certa confidenza»

Per cementare la sua reputazione già alle stelle, Manu Martín da qualche mese ha abbracciato un progetto agonistico molto ambizioso: far fruttare al massimo il talento di Arturo Coello, in una triangolazione con Gustavo Pratto e Valladolid – mentre il compagno di Arturo, Agustín Tapia, è di stanza a Barcellona. «Al di là delle qualità straordinarie di Arturo, trovo una connessione tra le mie due attività, di coach fisico e virtuale, perché i ragazzi che ora stanno emergendo nel Tour (Coello è del 2002 e, per la cronaca, di follower su Instagram ne ha solo 269.000) mi conoscono già per i miei video, quindi con loro si stabilisce da subito una certa confidenza».

E a proposito di Coello, e del padel in generale, potrà mai succedere che raggiunga la stessa notorietà del tennis e di un Rafa Nadal? «Secondo me – risponde sicuro – non è una questione di se ma di quando. Il tennis è uno sport leggendario, Rafa in Spagna, e non solo, è un re. Però vedo Arturo e altre star del padel che vengono già acclamate come alcuni campioni del tennis. Nel mio Paese ci sono più praticanti di padel che di tennis e la federazione spagnola né è consapevole, e pure un po’ preoccupata. Magari ci vorranno altri dieci ani, magari quindici ma mi immagino il padel come una disciplina olimpica e mainstream. Io stesso, a tennis, non ci gioco praticamente più. Anzi, sì: un paio di mesi fa ero alla Rafa Nadal Academy e allora mi è venuta voglia di tirare due palle a tennis, in un contesto così bello e suggestivo. Ma sennò, per me, nella giornata c’è solo spazio per il padel».

E il futuro di Manu Martín? «Credo che l’equilibrio di oggi sia giusto, vorrei continuare con Arturo e Tapia perché mi impressionano, avranno un grande futuro e, come coach, mi insegnano molto. Se dovessi mai scegliere una sola attività… Certo, sono un coach e farei quello. Ma continuare ad aiutare migliaia di persone con lezioni e tutorial online è una gran cosa. La gente mi ferma e mi ringrazia perché ho risolto loro qualche problema e questa cosa mi dà tantissima soddisfazione».

È tutto? No: perché, come ogni guru che si rispetti, dopo aver dato il nome a una pala, pubblicato prove di materiali ambitissime dalle aziende e firmato vari contratti di sponsorizzazione tecnica, alla collezione di casacche ne mancava una: il telecronista. Da quest’anno, quindi, Manu è stato assoldato dal World Padel Tour per dare voce ai match. Il padel, in questo senso, sta ancora cercando la sua dimensione: in Italia è trasmesso quasi tutto da Sky Sport, quindi su una piattaforma a pagamento. E in Spagna? «Qui da noi il WPT è trasmesso su Movistar, quindi su abbonamento. Per la mia esperienza nei media digitali, però, credo che il nostro sport debba conquistarsi prima una platea mostrandosi gratuitamente sulle piattaforme più frequentate, come YouTube. Dopodiché sì, penso che un appassionato, quando è preso, si abbonerà più volentieri a un canale pay per seguire la stagione». Sempre e comunque, viva il web.


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