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Favaretti Group: All Inclusive

Il bellissimo impianto di Borgaro 22 a Borgaro Torinese (TO), appena inaugurato con la presenza di Gemma Triay e Carolina Orsi. Campi e coperture sono made in Favaretti

Impianti Padel

Favaretti Group: All Inclusive

Favaretti Group è un caso unico in Europa: un solo fornitore può fornire campo e copertura, un abito completo e su misura. Perché nel caos di un mercato in piena espansione bisogna riconoscere le aziende affidabili che possono accompagnare un investitore dalla progettazione all’installazione di una struttura padel


L’abito non fa il monaco ma aiuta a capire. Per questo, appena sbarcati nella sede di Favaretti Group, abbiamo immediatamente capito che nulla è lasciato all’improvvisazione. Trenta persone lavorano quotidianamente per sfornare progetti che svariano dalle coperture a pelo d’acqua per piscine alla tensostruttura industriale o per centri sportivi. Tuttavia, da qualche anno il core business si è spostato (anche) verso il padel, data l’insistente richiesta (dopotutto anche in vari uffici dei Credito Sportivo si dice che le richieste di finanziamento sono rimaste immutate, con la differenza che sono quasi tutte relative a centri padel). In un amen, come avviene nelle aziende ben strutturate, Favaretti ha saputo adattarsi alla domanda crescente e soprattutto offrire qualcosa di unico in Italia: un all inclusive che comprende campo e copertura, l’ambo perfetto per chi vuole fare business in questo settore. Il tutto in aggiunta a un’azione di consulenza che possa accompagnare l’investitore all’interno di un mercato in forte espansione ma anche caotico e poco regolarizzato. E per questo pericoloso se non si traccia un percorso sicuro. Quello che ci hanno spiegato l’amministratore delegato Fabio Favaretti e il direttore commerciale Filippo Caldon.

Quando nasce l’azienda Favaretti Group?
(Caldon)
È stata fondata negli anni 80 da mio nonno Carlo Favaretti e operava principalmente nel settore delle coperture per piscine e in quello nautico, un comparto quest’ultimo poi messo in ginocchio dalle manovre del governo Monti. Prima ancora, nel 2010, avevamo acquisito un’azienda di tensostrutture industriali e sportive, un business cresciuto parallelamente a quello delle coperture isotermiche per piscine che portiamo avanti ancora oggi con notevole successo. Poi è arrivato il padel…

Come l’avete conosciuto?
(Caldon)
Come tanti altri col boom che ha colpito l’Italia quattro, cinque anni fa. Qualche cliente cominciò a chiedere di coprire i suoi campi, poi la richiesta è diventata sempre più frequente al punto da spingerci ben oltre quei primi approcci. Abbiamo subito intuito che avevamo le capacità di assolvere un problema significativo per i gestori, cioè fornire sia i campi sia la copertura visto che all’interno abbiamo ufficio tecnico, ingegneri e quant’altro è necessario Ancora adesso siamo l’unica azienda a poterlo fare in Italia, probabilmente in Europa.
(Favaretti) L’idea è nata da Filippo perché giocandoci si è reso conto delle potenzialità. Al principio abbiamo pensato di affidarci ad aziende spagnole per i campi perché la Spagna è la patria del padel e pensavamo fossero i migliori in senso assoluto. Dopo la prima esperienza, abbiamo cambiato idea: se qualcuno crede che gli italiani siano poco organizzati, cosa dovremmo dire degli spagnoli? Simpatici, ma quando si tratta di precisione non sono esattamente degli svizzeri. Così rischiavamo brutte figure e di rovinare la nostra immagine, pur a causa di colpe altrui. E poi, prova a chiedere alle aziende spagnole delle certificazioni che siano valide in Italia! Era inutile continuare a farci del male. Così, visto che ne avevamo le capacità tecniche, abbiamo deciso di progettare il nostro campo. Dopo tre mesi avevamo già installato il primo.

Quanto è stato difficile la progettazione?
(Favaretti)
Non è stata banale. Alcuni aspetti come le misure e i vetri non sono modificabili però si può intervenire sulla parte di carpenteria. Prima di scegliere le forme della struttura abbiamo verificato le regole che ci sono in Italia e trovato tanta confusione: abbiamo dunque deciso di seguire la normativa più stringente in materia di costruzioni, cioè la NTC 2018. Però in maniera seria, non come certi concorrenti che affermano di essere certificati ma con tempo di ritorno di 10 anni: cosa vuol dire, che fra 11 la struttura può cadere? Beh, è complicato ma il tempo di ritorno che noi seguiamo (50 anni!) ci impone di garantire resistenze ai carichi ben superiori. Poi abbiamo scelto gli spessori, la qualità dell’acciaio, la zincatura a caldo e la verniciatura. Il vantaggio è che i nostri partner, a partire dalla carpenteria, distano 300 metri dalla nostra sede.

Con l’indotto, quante persone sono coinvolte?
(Favaretti) Trenta persone in azienda e almeno altrettante impegnate esternamente, senza considerare le aziende di trasporti e i magazzini esterni. Abbiamo 4.000 metri quadri di spazi al coperto e 3.000 all’aperto solo per il materiale di carpenteria in modo da offrire un servizio di pronto consegna. Non siamo ancora l’Ikea, però una cinquantina di campi sono sempre pronti per coprire le esigenze.

In generale qual è la capacità produttiva?
(Caldon)
È modulare, a seconda delle necessità. Siamo ben organizzati con la progettazione, la logistica e anche la produzione, anche perché abbiamo fatto ordini importanti di materiale quando si faceva fatica a reperirlo. Il collo di bottiglia si crea nella fase di montaggio perché non è facile trovare squadre professionali. Non è nostra abitudine andare in cantiere con personale fuori norma e poco specializzato, anche se qualcuno lo fa… 

Il montaggio di un campo è un’operazione così complessa?
(Favaretti)
Non particolarmente ma servono esperienza e mezzi adeguati perché muoviamo pezzi pesanti, ma non è facile trovare squadre di montaggio qualificate. Invece per le coperture delle piscine il montaggio è talmente specializzato che le abbiamo internalizzate.
(Caldon) Un altro aspetto fondamentale è la posa del tappeto perché qualsiasi difetto si nota immediatamente. Noi lavoriamo con aziende affidabili come Safitex e Mondo ma pretendiamo sempre che la posa venga realizzata da personale specializzato perché se il rimbalzo non è perfetto, le lamentele sono inevitabili.

«Abbiamo trenta persone in azienda e almeno altrettante impegnate esternamente, con 4.000 metri quadri di spazi al coperto e 3.000 all’aperto solo per il materiale di carpenteria per offrire un servizio di pronto consegna. Non siamo ancora l’Ikea, però una cinquantina di campi sono sempre pronti» Fabio Favaretti, amministratore delegato Favaretti Group

A livello tecnico quanto è conveniente coprire un campo che sapete esattamente come verrà montato e viceversa?
(Caldon)
Tanto. In realtà è strategico sia per noi sia per il cliente. Il processo ottimale è cominciare dalla copertura e poi installare i campi. In caso contrario, la faccenda si complica perché bisogna montare una copertura che sotto presenta un’altra struttura di acciaio e vetri. E poi curando entrambe le forniture possiamo organizzare meglio la logistica e ottimizzare tempi e costi. La nostra fine lavori coincide con l’apertura del club perché quando andiamo via è tutto pronto per l’inaugurazione dei campi.

Il padel sta dunque offrendo buone soddisfazioni?
(Favaretti)
Indubbiamente, ma anche qualche problema perché la crescita è notevole ma anche caotica e questo crea delle criticità nella gestione del lavoro. Però sarebbe inopportuno affermare che i risultati non sono soddisfacenti.

Quali sono le peggiori criticità?
(Favaretti)
I tempi di montaggio e l’organizzazione dei lavori. Gestiamo contemporaneamente anche quattro cantieri dislocati in tutta Italia e quindi non è semplice fare in modo che tutto fili liscio, anche se in questo caso parlo da amministratore e non da appassionato di padel, che è uno sport bellissimo e che ci sta dando un grande sostegno a livello aziendale.

Qual è l’obiettivo in termini di numero di campi da installare in una stagione?
(Favaretti) L’anno scorso siamo arrivati a quota 200, quest’anno puntiamo a raddoppiare questa cifra. E, visto il trend, crediamo di poter crescere ancora per qualche anno. Abbiamo approcciato anche il mercato estero perché abbiamo partner seri in Germania e Inghilterra, con la possibilità di attivarci negli Stati Uniti. Ci sono altri paesi che raggiungeranno i numeri dell’Italia: non accadrà domattina, ma bisogna farsi trovare pronti.

I gestori di impianti padel hanno compreso che il padel è essenzialmente uno sport indoor?
(Caldon)
È un processo che si sta attuando e non solo al Nord: prima coprire i campi era considerata una necessità per difendersi dal freddo, ora è chiaro che sotto una copertura si sta bene anche d’estate perché è parecchio dura giocare outdoor, sotto il sole, dalle 11 alle 18.

Come si riesce ad avere successo in un mercato caotico?
(Caldon)
Potevamo aggredire il mercato con un prodotto dal prezzo molto competitivo oppure proporre un campo di fascia medio-alta, puntando sulla qualità tecnica ed estetica. Abbiamo optato per quest’ultima soluzione e i risultati ci stanno dando ragione.

Quali sono le caratteristiche principali dei vostri campi?
(Favaretti)
La struttura snella, pulita, lineare, senza viti esterne. Il telaio viene assemblato montando tutto dall’interno, senza contrafforti perché abbiamo studiato una struttura con spessori e dimensioni tali da evitarli.
(Caldon) Abbiamo lavorato tanto sugli spessori per rendere la struttura più bella e con un design moderno. Usiamo un colore di base molto elegante ma offriamo la possibilità di personalizzarlo su richiesta.

«Vogliamo continuare a essere un’azienda di riferimento perché offriamo campi e coperture ma anche consulenza sulla progettazione con informazioni tecniche che è utile conoscere prima di investire in una struttura padel» Filippo Caldon, direttore commerciale Favaretti Group

Un nodo cruciale è l’aspetto normativo che in Italia è un argomento che fa molto discutere.
(Favaretti)
Non esiste un protocollo specifico per il padel ma questo non significa che sia tutto concesso. Noi rilasciamo una relazione tecnica perfettamente rispondente alle normative che andrebbero seguite. Quando invece vedo il cosiddetto campo superpanoramico, senza una struttura adeguata a sostenerlo, mi chiedo come possa essere considerato a norma. Immagino vi siano delle deroghe per i tornei internazionali perché le esigenze televisive suggeriscono quel tipo di soluzione, ma pensare che diventi una struttura permanente… Per me è fuori norma perché non può soddisfare nessuna richiesta in termini di robustezza. E certi requisiti valgono sia per i campi outdoor sia per quelli coperti con tensostrutture che si aprono ai lati. Diverso il caso di campi installati all’interno di edifici industriali.

A livello di coperture, qual è la soluzione ideale considerando le altezze necessarie per giocare?
(Caldon) Le coperture polivalenti che vanno bene per calcetto e tennis non sono sufficienti. Il padel è un altro mondo perché altezze e spazi laterali sono fondamentali. Le nostre strutture sono custom perché i clienti hanno esigenze diverse, però tutte quante rispondono alla necessità di avere l’altezza minima richiesta in tutte le zone del campo, per arrivare fino a undici, dodici metri al centro. La logica è andare più in alto possibile, poi bisogna tener conto dei vincoli imposti dal comune.
(Favaretti) E anche delle esigenze energetiche e quindi il controsoffitto diventa la soluzione consigliata perché ottimizza il comfort e abbatte i costi di gestione.

Il tema energetico è quantomai attuale: il riscaldamento invernale è considerato una condizione essenziale e diversi club hanno attivato anche il servizio di raffrescamento estivo.
(Favaretti) Con la sempre maggior concorrenza, i club devono offrire servizi adeguati. Nel periodo invernale serve un impianto di riscaldamento che consenta di giocare a circa 14-15 gradi e la doppia membrana è un bell’aiuto. Ci sono imprenditori illuminati che con i pannelli coibentati hanno raggiunto la classe A, ma è una soluzione ben più impegnativa dal punto di vista dell’investimento iniziale. Invece servono sistemi di redistribuzione del calore per il ricircolo in tutto l’ambiente. Anche d’estate, con la doppia membrana, la temperatura interna non sale rispetto a quella esterna, col vantaggio di non avere il sole a picco.

Come sta cambiando la tipologia di cliente?
(Caldon)
Ai classici gestori di club sportivi si stanno affiancando imprenditori provenienti di altri settori che vedono nel padel un business profittevole e che sono disposti a investimenti importanti. Per esempio, entro fine anno dovremo consegnare 11 campi coeprti da un’unica struttura larga più di 50 metri, una tra le più importanti d’Europa. Si tratta di gruppi strutturati che vogliono offrire servizi di eccellenza. La domanda è sempre in crescita ma anche l’offerta comincia a essere varia e quindi nel prossimo futuro l’utente potrà scegliere dove giocare e ovviamente opterà per la struttura che offre i migliori servizi.

In Italia circa il 30% dei campi sono indoor: in  un mondo ideale a che percentuale si dovrebbe arrivare?
(Favaretti)
Se arrivassimo al 60% saremmo contenti. La struttura indoor permette al gestore di fare programmazione e lavorare tutto l’anno, però anche questa deve essere a norma e correttamente progettata per ovvie ragioni di sicurezza, ancor più del campo da padel. Spesso mi capita di imbattermi in situazioni folli, strutture dichiarate apertamente come temporanee e itineranti, come fossero dei gazebo per le sagre paesane che si smontano dopo 15 giorni, per non dover rispettare i minimi requisiti di sicurezza. Certo costano poco, ma così si gioca con la vita delle persone! Mi pare folle che nessuno controlli.
(Caldon) Ho visto preventivi in cui era esplicito che si trattasse di coperture temporanee. Questo significa che andrebbero smontate dopo poche settimane, ma talvolta il cliente non è sufficientemente preparato. Manca ancora cultura e conoscenza, oltre a una maggior attenzione da parte di chi dovrebbe controllare. Però se qualcuno si facesse male sotto una copertura che non rispetta i parametri di carico vento e neve, poi sono rogne…

Siamo vicini ad avere una normativa chiara da rispettare?
(Favaretti) Non credo. Servono appoggi politici e qualcuno che ci creda veramente. Ma spesso le cose si muovono solo dopo una disgrazia. Per esempio, nell’altro business in cui siamo attivi, le coperture per piscine, stiamo lavorando da anni con Assopiscine per presentare un’istanza a Roma affinchè, come in Francia, le coperture di sicurezza per piscine diventino obbligatorie, visto che l’annegamento è una delle prime tre cause di mortalità infantile nel mondo. Ma per adesso in Italia nessuno fa nulla!

Un circolo per essere tranquillo cosa dovrebbe ricevere dall’azienda che ha installato campi e coperture?
(Favaretti)
Il fascicolo tecnico con tutti i certificati dei materiali e, in particolar modo, la relazione di calcolo dell’opera installata. Un collaudatore terzo dovrà poi provvedere al collaudo della struttura. E poi bisogna avere la fortuna di risiedere in un comune con un ufficio tecnico che obbliga a seguire le norme. 

«Un circolo dovrebbe ricevere il fascicolo tecnico con tutti i certificati dei materiali e la relazione di calcolo dell’opera installata. Poi un collaudatore terzo dovrà provvedere al collaudo della struttura. Ma in Italia saranno stati collaudati il 10% dei campi, se va bene» Fabio Favaretti, amministratore delegato Favaretti Group

Degli oltre 6.000 campi italiani, quanti ritiene siano stati collaudati da terzi?
(Favaretti)
Direi un 10%, se va bene. Per le tensostrutture è diverso perché servono vari permessi, anche se qualcosa fuori norma si vede ancora. Ma bisogna fare attenzione perché in questi casi anche la copertura assicurativa vale poco. 

Questione vetri: qual è la soluzione ideale?
(Favaretti)
Seguiamo la normativa che consente di utilizzare il vetro temperato da 12 mm o, in alternativa, lo stratificato. Non abbiamo mai proposto il temperato da 10 mm e comunque è necessario che i cristalli siano prodotti da aziende affidabili e certificate. La bontà di un campo è infatti direttamente proporzionale alla qualità e sicurezza dei componenti utilizzati.

Una struttura padel può rispettare anche i criteri di sostenibilità, sempre più attuali?
(Favaretti)
L’acciaio è riciclabile al 100%, il vetro anche e stiamo chiedendo ai produttori dei tappeti un minor utilizzo di additivi e che siano prodotti anch’essi riciclabili. Inoltre, il telo con doppia membrana, e ancor di più il controsoffitto, consente un risparmio energetico del 40-45%, a vantaggio del bilancio e della sostenibilità ambientale.

Fra cinque anni il padel cosa rappresenterà per Favaretti e che ruolo Favaretti reciterà nel settore padel?
(Caldon)
Vogliamo continuare a essere un’azienda di riferimento perché offriamo campi e coperture ma anche consulenza sulla progettazione con informazioni tecniche che è utile conoscere prima di investire in una struttura padel.
(Favaretti) Possiamo fornire un vestito su misura, dalla scarpa al cappello. Il padel è un settore in pieno sviluppo nel quale crediamo tanto, al punto d’aver creato un website dedicato. Era necessario perché si affacciano imprenditori sempre più attenti e quindi la nostra filosofia che punta alla qualità del prodotto e del servizio pagherà sempre più.


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