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Indoor, please!
Impianti

Indoor, please!

Su un aspetto gli addetti ai lavori sono concordi: il padel è uno sport indoor. Per questo motivo è importante pensare alla copertura già in fase di progettazione dell’impianto. Una soluzione particolarmente efficace è la tensostruttura in ferro che propone caratteristiche di grande efficienza. Come ci ha spiegato Leonardo Ravizzini, responsabile commerciale di Ecover


Per molti appassionati Ecover è ormai sinonimo di tensostruttura, soprattutto in quei club dove il gestore è stato sufficientemente avveduto da informarsi come Dio comanda e quindi si è affidato a veri esperti del settore, capaci non solo di fornire un prodotto di alta qualità (che dovrebbe essere scontato ma troppo spesso non lo è) ma anche quella consulenza necessaria per aiutare il cliente a fare tutte le scelte giuste. Dunque, se nel mercato del padel si ragionasse come per gli atleti olimpici, quattro anni sarebbero un tempo adeguato per tirare un bilancio, anche perché nel frattempo il mondo è stato travolto e quello dello sport non è rimasto immune: «Però il padel sembra un’oasi felice – spiega Leonardo Ravizzini, responsabile commerciale di Ecover – perché il mercato è in costante crescita e la difficoltà è soddisfare tutte le richieste. Anche perché sta cambiando la qualità dell’interlocutore visto che si sono affacciati a questo settore tanti imprenditori di alto livello che hanno la volontà di investire in strutture top level. E fortunatamente hanno compreso un fattore fondamentale: il padel è uno sport prettamente indoor! Un business plan attento lo mostra senza alcun dubbio e la stessa Spagna vanta un’ottima percentuale di campi coperti, nonostante in tante regioni si possa giocare outdoor tutto l’anno».

Nella sostanza qual è la differenza tra getsire un campo indoor e uno outdoor? «Un campo coperto consente di incassare almeno 60 mila euro l’anno, uno all’aperto circa la metà, se il clima è clemente e la gestione molto valida». In questo momento la percentuale dei campi coperti in Italia è intorno al 30% «ma era solo del 20% un paio d’anni fa e non è troppo ottimistico pensare che salirà fino al 45% nel breve periodo – afferma Ravizzini -. Basta guardare la tendenza attuale: nel centro-nord, tre quarti delle nuove strutture prevedono la copertura e si rinuncia solo nel caso vengano negati i permessi per questioni paesaggistiche». Per chi realizza coperture, il dato più confortante è quel 70% di campi ancora scoperti, cioè 3.600. Solo a Roma se ne contano circa 800 perché nella capitale la percentuale di campi indoor scende al 20%, anche a causa di particolari vincoli urbanistici, tipici delle città d’arte.

«Installare una tensostruttura tradizionale negli ottomila comuni italiani vuol dire confrontarsi con ottomila procedure diverse – continua Ravizzini -. Faccio questo mestiere da vent’anni ma non potrei indicare un iter standard semplicemente perché non esiste. La figura più importante resta il tecnico professionista che accompagna il club in questo percorso e che deve conoscere le esigenze e la fattibilità del progetto, anche se poi diventa comunque un’interpretazione dell’ufficio tecnico comunale che imporrà una pratica precisa. In alcune città come Roma, Firenze o Venezia che vantano un patrimonio artistico da preservare e vincoli paesaggistici notevoli, lo scoglio più importante è ottenere il benestare della paesaggistica. Chiaro che non si può pretendere di costruire un centro padel indoor davanti al Colosseo ma servirebbe buonsenso nelle autorizzazioni. In ogni caso, i tempi possono variare da quattro mesi a due anni».

In questo proliferare di nuovi impianti indoor, la tensostruttura in ferro rimane una scelta molto apprezzata per la sua praticità, l’ottimo rapporto prezzo-qualità e la possibilità di risparmio energetico

Comunque sia, in questo proliferare di nuovi impianti indoor, la tensostruttura in ferro rimane una scelta molto apprezzata per la sua praticità, l’ottimo rapporto prezzo-qualità e la possibilità di risparmio energetico: «Prima della crisi energetica si trascuravano certi aspetti, ora riscaldare un campo per quattro mesi costa seimila euro e quindi anche i gestori stanno prendendo provvedimenti – spiega Ravizzini -. Su tutti, la scelta del telo con doppia membrana perché adesso e nel prossimo futuro, risparmiare il 30% della bolletta non è più un dettaglio». Ma non solo: «Il problema di tanti centri è dover riscaldare una struttura da sei campi anche quando ne hanno prenotati solo due. Stiamo cercando sistemi di riscaldamento alternativi, che siano modulari per riscaldare il singolo campo oppure a pavimento elettrico. O ancora, lampade a infrarossi che funzionano fin quando la temperatura esterna è di 6-7 gradi oppure pensiline fotovoltaiche che possono integrare i sistemi di riscaldamento. Insomma, siamo attenti alle esigenze dei club che cambiano continuamente per aiutarli a migliorare le redditività. Dopotutto, in fase di nuova costruzione, si possono attuare interventi che consentono di risparmiare anche 20-30 mila euro in termini di efficienza energetica».

Tuttavia, anche a livello di struttura bisogna pensare a potenziali alternative e tra queste c’è la soluzione del capannone pre-fabbrocato, tanto ambita ma che richiede un impegno diverso: «E non stiamo parlando del tipico capannone in muratura ma in carpenteria e pannelli. Serve un investimento maggiore e una visione a lungo termine perché se per una tensostruttura bastano quattro mesi per installarla e gli oneri sono spesso marginali perché viene considerata una struttura bullonata, le opere edili per un capannone prefabbricato sono decisamente più importanti e il prezzo complessivo è più alto di circa il 70%. Però credo sia la naturale evoluzione di questo mercato e che possa ritagliarsi un suo spazio, tanto che anche Ecover si sta già muovendo in questa direzione, anche se il core business resta la tensostruttura telonata».

«Siamo partiti nel 2018 coprendo due campi, diventati 15 nel 2019, una cinquantina nel 2020 e circa 150 l’anno scorso. L’obiettivo è arrivare a 250 in una stagione e la crescita passerà da un’organizzazione che permetta di offrire anche servizi di consulenza, con il coraggio di trasferire un po’ di know-how» Leonardo Ravizzini, direttore commerciale Ecover

Ma il cambiamento non è rivolto solo alla qualità del servizio ma anche alla quantità, perché si sta alzando la media-campi per struttura: «Una volta montavamo il famoso Duetto, una struttura ideale per due campi, ma adesso che il 40% vengono realizzati in centri di nuova costruzione, i progetti partono spesso da cinque campi – dice Ravizzini -. Un club di solo padel con due, tre campi non regge la concorrenza, se non in situazioni specifiche. E comunque, considerando la ripartizione dei costi fissi, il business vero richiede almeno cinque campi, mentre una cifra inferiore funziona ancora in un centro polisportivo, dove il padel è solo una parte dell’offerta sportiva».

Per questo motivo crescono anche le ambizioni di Ecover: «Siamo partiti nel 2018 coprendo due campi, diventati 15 nel 2019,  una cinquantina nel 2020 e circa 150 l’anno scorso. L’obiettivo è arrivare a 250 in una stagione – afferma Ravizzini – e la crescita passerà da un’organizzazione che permetta di offrire un servizio adeguato sotto tutti i punti di vista. Le imprese sono assimilabili ai centri padel: oggi lavorano tutte perché siamo in pieno boom, fra due anni continueranno a far bene solo quelle che saranno capaci di evolversi offrendo anche servizi di consulenza e avendo il coraggio di trasferire un po’ di know-how». Con la consapevolezza di avere davanti un percorso potenzialmente ricco di soddisfazioni: «Senza eccessiva propaganda, nei prossimi cinque anni potrebbero nascere diecimila campi, un mercato da 150-200 milioni di euro tra campi, opere edili, sistemi di riscaldamento e, of course, coperture. Tanta roba!».


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