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Mr. (Italian) Padel
Impianti

Mr. (Italian) Padel

Claudio Galuppini è stato tra i primi imprenditori a credere totalmente nel padel al punto da riconvertire la sua azienda, diventata leader nell’installazione di campi. Ora l’obiettivo è crescere all’estero e aiutare a creare una regolamentazione univoca per garantire la massima sicurezza e una crescita sana dal movimento. E arrivare a produrre fino a 4.000 campi all’anno


Claudio Galuppini potrebbe fregarsene di tante cose nel mondo del padel. Con la sua Italian Padel ha una capacità produttiva di 1.500 campi all’anno (che vorrebbe almeno raddoppiare nelle prossime stagioni) e una richiesta che non accenna a diminuire. In sostanza, potrebbe limitarsi a una mera attività commerciale, volta al profitto istantaneo, facendo leva su un prodotto altamente qualificato, ben posizionato e forte di referenze di primissimo livello. Ora, ben lungi dalla filantropia spiccia e dal voler essere un Don Chisciotte a ogni costo, comunque non si limita a interpretare il padel come pura attività di business. O meglio, vorrebbe che lo fosse ma seguendo regole ben precise.

Continua a professare il suo mantra: «Una donna può essere incinta o non incinta. Ma mezza incinta, questo non l’ho mai sentito», a suggerire che una regolamentazione ufficiale sarebbe ormai doverosa, visto le dimensioni che sta assumendo il padel in Italia dove ormai avvicina i seimila campi e il milione di praticanti. Per questo sta cercando di muovere le istituzioni, dal Governo a Sport e Salute, dal CONI alla Fit, tutti organismi che dovrebbero avere a cuore una crescita sana (e sicura) del movimento. Nel frattempo, Galuppini continua per la sua strada, legata all’estrema qualità del prodotto: al principio sembrava un Tourmalet, con lavori lasciati per strada perché «i clienti guardavano solo la cifra in fondo al preventivo» e che adesso si è rivelata una strategia vincente. Anche se ci sono ancora alcune pedine dello scacchiere che vanno messe in ordine: «Ma è solo questione di tempo perché è lo stesso mercato che lo pretende per salvaguardare il business e la sua crescita».

Quando si è leader di mercato che obiettivi ci si può porre?
Stiamo investendo in nuove automazioni e ora produciamo in casa anche le griglie. Abbiamo verticalizzato la produzione e con 14 isole robotizzate di saldatura e i vari impianti laser automatici, vogliamo raggiungere una capacità produttiva di quattromila campi l’anno entro il 2025. Quest’anno dovremmo restare tra i 1.300 e i 1.500 con un turno di lavoro.

Un business notevole…
… che però riguarda soprattutto chi ha investito nei club che stanno lavorando senza sosta. Ormai per trovare un campo disponibile in orario serale bisogna muoversi con almeno una settimana di anticipo. Però è un segnale altamente positivo perché vuol dire che è un settore in continua espansione. Ci sono sempre più appassionati che vogliono giocare, quindi necessità di campi, club, strutture…

Un aspetto sempre più fondamentale è la regolamentazione legata all’installazione di campi e coperture per garantire la massima sicurezza: cosa si può fare per arrivare a una soluzione ideale?
Istituire una filiera italiana e un regolamento preciso che tutti debbano seguire, con le adeguate certificazioni a sostenere la qualità del lavoro svolto. È assolutamente prioritario stabilire degli standard minimi; da lì in poi, si potrà scegliere tra la Panda e la Ferrari. Ancora adesso una certa fetta del mercato è costituita da campi che provengono da paesi che hanno una normativa diversa da quella italiana e navighiamo in una zona grigia che va schiarita, soprattutto considerando che presto il padel potrebbe diventare uno sport olimpico. Lo chiediamo noi produttori ma anche le amministrazione pubbliche che devono sovraintendere a richieste sempre maggiori. Per questo siamo sempre disponibili a parlare con le istituzioni: un protocollo legislativo è assolutamente necessario. Anzi, credo sia la priorità più urgente.

Quali sarebbero le norme basi da seguire?
Essendo il padel una struttura metallica fuori terra, le normative da rispettare sono la NTC 2018 ma qualcuno finge di ignorarle con i rischi che ne conseguono, anche per i gestori. Per questo offriamo ai nostri clienti un iter burocratico utile per capire come muoversi all’interno del proprio comune, perché la situazione cambia a seconda della location.

In questo senso, un passo avanti lo si è fatto nel settore dei vetri perché le nuove norme UNI stabiliscono che si debba utilizzare solo il vetro stratificato. Vero che tali norme non sono l’equivalente di una legge dello Stato italiano ma hanno ormai assunto una certa rilevanza giuridica (fin dal 1985) e comunque si tratta di un documento tecnico che indica come fare bene le cose.
E infatti noi andiamo avanti per la nostra strada che è quella della massima sicurezza e quindi installiamo vetri stratificati. Abbiamo svolto dei crash test con altre tipologie di vetro e gli ingegneri specializzati hanno confermato che il post-rottura non può essere controllato e stiamo parlando di lastre che arrivano a pesare 180 kg. Quindi preferiamo un vetro che trattiene i frammenti, evitando spiacevoli conseguenze».

Oltre alla struttura e ai vetri, un aspetto fondamentale è la scelta della superficie: a cosa vi siete affidati?
C’è stata una grande evoluzione ed è un aspetto importante perché l’utente gioca e calpesta la superficie, quindi la osserva con particolare attenzione. La tendenza è usare un filamento testurizzato e con la sabbia totalmente intasata, al punto che non si vede più. Lavoriamo con tre realtà italiane perché diversificare è fondamentale ai giorni nostri. Però con una di queste abbiamo sviluppato un prodotto in esclusiva che riteniamo particolarmente performante. Per noi la soluzione ideale è avere un vetro veloce e una superficie abbastanza lenta perché accontenti giocatori di qualsiasi livello.

Il bellissimo centro Palavillage di Grugliasco, Torino, con 10 campi indoor (tutti made in Italian Padel)

Quali sono i pilastri della strategia di Italian Padel?
Gli stessi che hanno sempre accompagnato la nostra attività produttiva. Prima dei campi da padel abbiamo installato oltre 50.000 cancelli e non abbiamo mai avuto necessità di una squadra di assistenza perché se si utilizzano standard elevati semplicemente non ne hai bisogno. Dopo che hai terminato un’installazione, il cliente dovresti sentirlo per andare a cena insieme, ma senza dover affrontare nessun tipo di problematica tecnica. Ha pagato un prodotto affinché funzioni, non perché crei dei problemi.

Qual è la situazione attuale del mercato?
Si vendono più campi con meno richieste perché quelle che arrivano sono più qualificate. Il leit motif è sempre lo stesso: chi meno spende, più spende. La qualità delle strutture e dei servizi fanno la differenza. Per fortuna si stanno avvicinando sempre più imprenditori esigenti che richiedono soprattutto qualità e questo è un bene, considerando che ritengo sia ormai necessario costruire centri da almeno quattro, cinque campi per ottimizzare i costi generali e quindi aumentare la redditività.

Qual è il cliente ideale?
L’imprenditore perché ha idee precise e la consapevolezza che bisogna chiedere competenza e non sconti. Per esempio, chi sta facendo particolarmente bene sono gli investitori che riescono a riqualificare un edificio industriale dove installare un numero di campi in doppia cifra e creare intorno un’attività di livello. Le richieste di questo tipo stanno crescendo, a conferma che si tratta di una soluzione molto opportuna».

Come si annuncia il futuro del padel in Italia?
Molto interessante. Attualmente si contano circa 5.800 campi e la saturazione è prevista a 25.000, quindi c’è ancora tanto lavoro da fare. Però nel breve-medio periodo sono convinto che Italian Padel avrà aperto ulteriormente i suoi orizzonti e virato verso l’estero: stiamo lavorando con tanti paesi, dal Nord Europa agli Emirati Arabi. Abbiamo installato un campo perfino su un atollo delle Maldive e ora ci aspettano la Marina di Dubai e un castello storico in Francia. Però in futuro crediamo nella crescita di paesi come gli Stati Uniti, il Canada, la Cina, il Giappone. Il padel sarà uno sport globale che si giocherà in tutto il mondo e noi dovremo guardare ai mercati più significativi e che puntano sulla qualità del prodotto».

E cosa non si deve sbagliare?
Un club non dovrebbe speculare sui fornitori e la qualità delle strutture che installa: campi, spogliatoi, club house. E nemmeno dei servizi che offre, a partire dai coach. I campi sono l’aspetto principale perché alla fine un utente paga per giocare a padel, poi viene tutto il resto. Qualche volta sento dire che un campo è un campo; certo, anche un’auto è un’auto, ma c’è la Ferrari, la Porsche e la Panda, con tutto il rispetto. E il prezzo varia di conseguenza.

Quanto dura un  campo da padel?
Inteso come struttura, circa 30 anni se montato all’esterno, anche tre generazioni se indoor. Per quanto riguarda la superficie, dipende dalla qualità dei materiali e dal numero di ore giocate. 

Ci sono sempre diatribe sulla sicurezza: qual è un aspetto da non sottovalutare?
La struttura soffre le spinte del vento e dei giocatori. Alcuni sono convinti che coprendo con tensostrutture certi problemi si risolvono ma non è così. Anzi. Quando si aprono ai lati, i rischi aumentano perché possono intervenire anche i venti ascensionali che creano degli autentici vortici. E ormai è abbastanza chiaro che l’Italia è soggetta a giornate di vento anomalo. Si sono già verificati diversi casi di strutture che hanno ceduto a causa della spinta dei venti.

Quanto è cambiata la tipologia di clientela?
Molto. Ora arrivano interlocutori decisamente più preparati ed esigenti. Hanno un’educazione commerciale più alta e, in questo senso, crediamo di aver aiutato il mercato installando oltre 1.400 campi in Italia con feedback molto positivi e referenze importanti da parte di imprenditori, gestori, coach e giocatori di primissimo livello.

Dove immagina Italian Padel fra cinque anni?
Sempre in crescita, soprattutto nei nuovi mercati come Stati Uniti, Canada, Emirati ma anche paesi più lontani ma con un forte potenziale. Ci saranno meno richieste ma più qualificate e ciascuna per un numero di campi maggiore.


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