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La dura (e giusta) lezione di Gustavo Pratto. Senza riferimenti a Juani Mieres. Mentre sul caso Lebron tutto tace
PADEL INTERNAZIONALE

La dura (e giusta) lezione di Gustavo Pratto. Senza riferimenti a Juani Mieres. Mentre sul caso Lebron tutto tace

Il coach di Arturo Coello ha ricordato quali sono i principi che dovrebbero guidare il mestiere di coach e istruttore. Parole che devono far riflettere e che qualcuno ha pensato fossero rivolte al coach di Mike Ynaguas, dopo lo scontro di Doha con Lebron. Invece…


Circolano in rete, pur senza troppa enfasi, alcune parole di Gustavo Pratto, coach personale di Arturo Coello e, in coabitazione con Pablo Crosetti, di Agus Tapia. Per molti, è semplicemente il miglior allenatore del mondo. Dunque, l’argentino ormai di stanza a Valladolid, ha voluto ricordare alcuni principi base del ruolo dell’allenatore, come quello di essere un buon educatore. E soprattutto, se ritiene comprensibile che un giocatore possa di tanto in tanto commettere degli errori perché sottoposto a grandi pressioni, al contrario gli allenatori dovrebbero mantenere un perfetto self control, quantomeno per la maggior esperienza accumulata. E quindi invita i giovani ad affidarsi a coach che li sappiano accompagnare nella carriera e nella vita secondo sani principi. Tutto questo pare sia nato dall’aver visto un video dove un coach esortava i suoi allievi a comportarsi in maniera poco sportiva.

Parole sante e se qualcuno le volesse additare di retorica, significa che ogni tanto serve pure quella. In ogni caso, alcuni hanno pensato che il destinatario del messaggio fosse Juani Mieres, il coach di Yangaus e Garrido, protagonista con Juan Lebron di un brutto episodio nel Major di Doha. Una supposizione che probabilmente nasce dal fatto che Yanguas è uno splendido ragazzo ma che in campo non è tra i più facili da gestire.

Pratto ci ha voluto smentire questa supposizione: «Non voglio citare il destinatario del messaggio ma non è Juani Mieres, che è un amico intimo».

«Non voglio citare il destinatario del messaggio ma non è Juani Mieres, che è un amico intimo» Gustavo Pratto

La questione è dunque archiviata (a meno che Pratto non decida di mostrare il video e il colpevole) ma è probabile che si riproponga sempre più spesso. Il padel è ancora intriso di fair play (in semifinale ad Acapulco abbiamo visto Di Nenno autoaccusarsi di aver sfiorato la palla col corpo, un tocco che nessuno aveva notato e avrebbe mai potuto appurare. Ed è solo uno dei vari casi) ma sempre più spesso ci saranno querelle da dirimere perché, come ho spesso sottolineato, il fair play è inversamente proporzionale ai prize money che stanno crescendo. Per questo è importante frenare questo inevitabile fenomeno prima che sfugga di mano. Senza sforare nella Zero Tolerance di matrice Giulianesca, è opportuno chiarire ai giocatori, in primis, che c’è un limite preciso che non può essere superato. Per questo è pericoloso che, a 21 giorni dal caso-Lebron, non sia stata ancora comunicata la decisione della Commissione Disciplinare (sulla quale pende qualche mistero perché non siamo riusciti a sapere da chi è composta).

A 21 giorni dal caso-Lebron, non è stata ancora comunicata la decisione della Commissione Disciplinare. E chissà che non possa finire come tra Acerbi e Juan Jesus: assoluzione per insufficienza di prove. 

L’accusa verso Lebron è riferita soprattutto a possibili frasi ingiuriose rivolte a Mieres, peraltro proprio sotto il seggiolone dell’arbitro. E infatti Yanguas le ha sottolineate all’arbitro, chiedendo la squalifica di Lebron. Nel mentre Lebron, seduto in panchina al cambio campo, avrebbe dato del bugiardo a Yanguas. Alla Commissione il compito di appurare la verità e procedere a una decisione. E chissà che non possa finire come tra Acerbi e Juan Jesus: assoluzione per insufficienza di prove. Per adesso pare ci sia solo insufficienza di volontà nel fare chiarezza.


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