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Quale sanzione per Juan Lebron?

Credit: Premier Padel

CIRCUITO PREMIER

Quale sanzione per Juan Lebron?

Dopo il fattaccio di Doha, si è in attesa della decisione della Commissione chiamata a valutare il caso-Lebron. L’ipotesi è di una multa salata e la squalifica per un torneo, che cancellerebbe l’Iscrizione di Galan/Lebron al prossimo torneo di Acapulco, avvenuta prima della loro separazione. Ma rimane il problema arbitrale


Juan Lebron si è scusato. Due volte. Il malcostume di non presentarsi in conferenza stampa in caso di sconfitta, gli aveva concesso di evitare le domande dei media presenti a Doha. Si è dunque rifugiato nel solito post senz’anima sul suo profilo Instagram, poi si è affidato a un media di sua fiducia, (Marca, il principale quotidiano sportivo di Spagna). Le scuse sono un gesto apprezzabile, per quanto logico e insufficiente. Ora la questione è la sanzione che rischia il Lobo e che dovrebbe arrivare a stretto giro, ci si augura prima del prossimo torneo P1 di Acapulco (18-24 marzo) perché sarebbe inopportuno giocare con una sentenza pendente.

Difficile ipotizzare quanto possa decidere la commissione che sta valutando il caso perché non ci sono grandi precedenti. Nel novembre del 2022, ci fu il caso-Lijo: il giocatore spagnolo, al Master del World Padel Tour di Buenos Aires, esasperato dal tifo maleducato dei tifosi argentini (giocava contro Libaak/Augsbuerger), rivolse un gesto osceno agli spettatori. Arrivò una squalifica per 12 tornei, del tutto sproporzionata e soprattutto figlia delle critiche che il giocatore aveva rivolto al circuito. In ogni caso, si è trattata della maggior squalifica mai comminata a un giocatore pro.

Il caso di Lebron è ben diverso. Detto che parliamo di due circuiti diversi, quanto accaduto a Doha merita una sanzione ma senza sproporzioni, per non sbagliare due volte. Qualche suo collega ha già dichiarato di aspettarsi una decisione esemplare («Altrimenti sarà come autorizzare tutti a comportarsi nello stesso modo» ha detto Stupa), sulla falsariga del mantra di Mao Zedong: colpirne uno per educarne cento. Un concetto da tener presente per bloccare sul nascere situazioni simili che, con l’aumentare dei montepremi e degli interessi economici, potrebbero replicarsi. Tuttavia, il buon senso dovrebbe far prevalere l’ipotesi di una multa salata e chissà, un torneo di sospensione che annullerebbe l’iscrizione ad Acapulco avvenuta prima del fattaccio, evitando l’imbarazzo di vedere Lebron e Galan ancora in campo insieme, nonostante la separazione appena annunciata. Chiaro che così si preclude la partecipazione in Messico anche a Galan, ma il madrileno sarebbe probabilmente sollevato dalla circostanza.

L’ipotesi è di una multa salata e, chissà, un torneo di sospensione che annullerebbe l’iscrizione ad Acapulco avvenuta prima del fattaccio, evitando l’imbarazzo di vedere Lebron e Galan ancora in campo insieme, dopo l’annuncio della loro separazione

Comunque vada, tutto questo sarebbe stato evitabile se la classe arbitrale fosse meglio preparata, magari sol supporto di un supervisor. Ripercorrendo l’accaduto, il primo errore che ha fatto surriscaldare gli animi, è avvenuto sul 7-6 3-4 per Galan/Lebron, quando Yanguas ha chiesto la revisione video su un possibile fallo di piede di Lebron. Il VAR ha effettivamente chiarito l’infrazione, ma la richiesta non doveva essere accettata dall’arbitro perché è arrivata dopo che Garrido aveva già sbagliato la risposta. Da quel momento, la partita è diventata un crescendo di tensione, fino al break nel settimo game del terzo set e l‘incauta pallata scagliata da Lebron. A quel punto, è stato un susseguirsi di errori: quel gesto doveva essere punito con un warning (ed eventualmente un penalty point, se il giocatore era già stato ammonito); la successiva reazione fuori campo, con un ulteriore warning e una possibile squalifica immediata. Una multa a seguire, avrebbe chiuso il caso.

A tal proposito, pochi giorni prima, a Dubai, nel torneo ATP 500 di tennis, il russo Andrey Rublev è stato squalificato per alcune frasi giudicate ingiuriose e un atteggiamento troppo aggressivo nei confronti di un giudice di linea. Si può essere d’accordo o meno (a chi non piace un po’ di animosità durante i match?) ma quantomeno i giocatori devono essere consapevoli che esistono dei limiti. In questo senso, sarà decisivo per la Commissione stabilire se Lebron ha effettivamente pronunciato parole ingiuriose verso coach Juani Mieres (nella prima ricostruzione, Yanguas lo accusa di aver usato dei termini molto offensivi, Lebron di essere un bugiardo). L’arbitro, a due passi dall’accaduto, dovrebbe aver chiaramente sentito, con i microfoni a bordocampo a fornire suppporto.

Qualche suo collega ha già dichiarato di aspettarsi una decisione esemplare, sulla falsariga del mantra di Mao Zedong: colpirne uno per educarne cento. Un concetto da tener presente per bloccare sul nascere situazioni simili che, con l’aumentare degli interessi economici, potrebbero replicarsi.

Se poi la Commissione dovrà esaminare il caso seguendo il regolamento FIP (ne esiste uno diverso per Premier Padel?), Lebron potrà avvalersi di tre attenuanti: 1. Le scuse spontanee; 2. Essere stato provocato appena prima dell’infrazione; 3. Non aver subito squalifiche nel corso della sua carriera. Ecco, il punto 2 è particolarmente significativo perché entra in causa l’atteggiamento di coach Mieres. Dalle immagini, pare che non si rivolga direttamente a Lebron ma chieda una squalifica all’arbitro. A quel punto, Lebron corre a rivendicare le sue ragioni, a modo suo. Se così fosse, difficile prevedere una sanzione anche per il coach di Yanguas/Garrido.

Una sentenza è comunque già arrivata e non ha bisogno di appelli e cassazione: è quella di Galan che con la sua decisione di separarsi da Lebron ci ha privato di quella che molti addetti ai lavori consideravano la coppia più forte del mondo. A perderci è il livello tecnico e di competitività del circuito, come ha sottolineato Arturo Coello, con parole molto sensate: «La separazione di Galan e Lebron può rendere più semplice la corsa al titolo di numero uno, però se Nadal, Federer e Djokovic hanno segnato un’era è perché hanno lottato contro per un’intera carriera. Ci fosse stato uno solo, la storia non sarebbe stata così bella. Quindi sono comunque triste per questa decisione perché erano una coppia che ti spingeva a migliorare sempre, anche se sono certo che saranno competitivi con chiunque giocheranno a fianco».


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