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La brutta figura di Juan Lebron!
PREMIER PADEL

La brutta figura di Juan Lebron!

Nella rivincita del match molto discusso di Doha con Yanguas e Garrido, Juan Lebron ha scelto di celebrare il successo togliendosi la maglia e mostrandola agli avversari, al posto di stringere la mano (perfino a un avversario, Garrido, menomato da un colpo di calore). Un gesto arrogante, presuntuoso e un po’ infantile. Nel frattempo, non vi è notizia ufficiale sulla decisione della commissione disciplinare per i fatti di Doha. E la situazione rischia di sfuggire di mano…


Dopo i fattacci di Doha, un sorteggio beffardo ha rimesso di fronte Lebron a Yanguas e Garrido. Si pensava (o quantomeno si sperava), che Lebron si fosse sottoposto a un paio di sedute psicologiche, visto che ha sottolineato come spesso si rivolga a uno specialista per comprendere meglio se stesso. Invece niente: dopo l’incauta pallata tirata nel campo avversario nel match di Doha (per la quale sarebbe stato sufficiente un warning da parte dell’arbitro, i quali però non sono abbastanza preparati o esperti per interventi di questo genere) e soprattutto gli epiteti ingiuriosi che pare evidente abbia rivolto a Juani Mieres, ex top player e ora coach di Yanguas/Garrido, Lebron si è lasciato andare a un altro gesto poco simpatico.

Anzi, sotto certi punti di vista, più grave dei precedenti. Se infatti in molti (troppi…) hanno giustificato i gesti di Doha con l’adrenalina del match, al termine del match vinto da Galan/Lebron ad Acapulco, peraltro contro un Garrido fortemente menomato da un colpo di calore, il Lobo ha pensato bene di levarsi la maglietta e mostrarla agli avversari, un surrogato lebroniano della classica stretta di mano. Un gesto arrogante, presuntuoso e anche un po’ infantile. Avrebbe fatto miglior figura a sincerarsi della condizioni dell’avversario e a un gesto di pura educazione. Però, «signori si nasce e. modestamente, io lo nacqui», sosteneva Totò. Evidentemente Lebron non conosce la commedia napoletana, né il savoir-faire. Non è stato particolarmente piacevole nemmeno il sorrisetto scappato a Galan davanti a questa scenetta, ma è un fatto trascurabile all’interno della vicenda. Yanguas gli ha sottolineato vis-à-vis di non avergli mai mancato di rispetto in vita sua, però Lebron ha preferito glissare.

Poi Lebron ha spiegato che chi vince è libero di esultare come preferisce (sic) e che la reazione, lucida e premeditata, è stata la naturale conseguenza delle mancate scuse da parte di Yanguas e Mieres, sempre relativamente ai fatti di Doha. Ora, non è chiaro di cosa si dovessero scusare Yanguas e Mieres, i quali (secondo le prime ricostruzioni) si sono limitati a chiedere una verifica su un possibile fallo di piede di Lebron e a chiedere la sua squalifica dopo la pallata che ha sfiorato Yanguas e soprattutto gli epiteti oltraggiosi riferiti a Mieres.

Non solo, va ricordato che dopo quel match Lebron si è scusato maldestramente, con una brave frase su Instagram, presto scomparsa, e poi in un’intervista compiacente. Tuttavia, anche in quella chiacchierata col giornalista di Marca, Lebron non si è mai scusato con Mieres per l’accaduto. Lo ha fatto con il suo compagno, il suo allenatore, l’academy che lo ospita, la sua famiglia, ma non verso la persona alla quale ha rivolto parole poco gentili.

Dopo la vittoria, Lebron ha pensato bene di levarsi la maglietta e mostrarla agli avversari, un gesto arrogante, presuntuoso e anche un po’ infantile. Avrebbe fatto miglior figura a sincerarsi della condizioni dell’avversario e a un gesto di pura educazione.

Però, aveva anche assicurato che gesti del genere non si sarebbero ripetuti. A una settimana di distanza, e pur dopo una comoda vittoria contro un avversario menomato, ha pensato bene di far riaffiorare la sua arroganza con un gesto presuntuoso e poco sportivo. Lebron ha sempre ammesso di dover lavorare dal punto di vista psicologico e dell’atteggiamento, ma il traguardo appare ancora lontano.

Nel frattempo, tutto ciò ha avuto una prima conseguenza che probabilmente lo ha sorpresa e destabilizzato, ovvero la scelta di Galan di abbandonarlo, ancor prima di riprendere l’aereo da Doha a Madrid. Negli anni Galan ha sopportato tanto, troppo. E ha scelto di fare un passettino indietro dal punto di vista tecnico (Chingotto è un grande partner ma tecnicamente non vale Lebron) pur di liberarsi del Lobo.

Dopo i fatti di Doha, Lebron si è scusato con il suo compagno, il suo allenatore, l’academy che lo ospita, la sua famiglia, ma non ricordiamo parole nei confronti della persona, Juani Mieres, alla quale ha rivolto parole poco educate.

Poi, siccome business is business e i punti valgono oro, hanno comunque deciso di giocare quest’ultimo torneo insieme, abbracciandosi dopo ogni vittoria. Poi le strade si separeranno e Lebron tornerà a giocare con Paquito Navarro, sulla carta una coppia-polveriera, che potrebbe esplodere se i risultati non saranno apprezzabili.

C’è un’ultima annotazione, che dovremo approfondire più avanti: in un’intervista a Sky Sport, il Presidente Carraro ha detto che «coccolare i giocatori vuol dire metterli nelle condizioni di performare al meglio e quindi di offrire il miglior spettacolo possibile». Concetto molto corretto, ma che evidentemente Lebron deve aver interpretato come status di immunità e impunità, per permettersi certi ripetuti atteggiamenti. E comunque, a 18 giorni dai fatti di Doha, non è stata resa pubblica alcuna decisione della Commissione Disciplinare (Ma da chi è composta? Ha libertà totale nel giudizio?). E chissà se verrà mai comunicata (fin qui, l’ufficio comunicazione di Premier Padel non ha voluto fornire notizie nemmeno sulla suddivisione del prize money per tornei, maschile e femminile, e per turno, facendo inevitabilmente nascere dei sospetti). Chissà, magari un giudizio finale è stato già comunicato ai diretti interessati, ma attualmente niente è trapelato per vie ufficiali.

A 18 giorni dai fatti di Doha, non è stata resa pubblica alcuna decisione della Commissione Disciplinare (Ma da chi è composta? Ha libertà totale nel giudizio?). E chissà se mai verrà comunicata.

Personalmente, credo che sia corretto lasciare ai giocatori una certa libertà nell’esprimere le loro reazioni in campo (per dire, nella NBA basta uno sguardo infelice verso l’arbitro per essere espulso). Per dire, spaccare una racchetta non l’ho mai considerato un gesto degno di sanzione, oltre al classico warning. Così come un po’ di trash talking tra i giocatori è umano e  perfino divertente, rispetto alle rivalità da ufficio stampa in stile Nadal vs. Federer. Tuttavia, quando si trasforma in mancanza di rispetto nei confronti di un avversario, si deve intervenire in maniera decisa e tempestiva. Ne va dell’integrità del gioco e impedisce che diventi una pessima abitudine perché, come ha ricordato Franco Stupaczuk, «se Lebron non viene sanzionato per i fatti di Doha, significa che tutti potremo agire nello stesso modo, senza soffrire di alcuna conseguenza»

C’è chi ricorda che Belasteguin, per aver rotto volontariamente un microfono vicino alla sua panchina nel torneo di Vigo, fu sanzionato con un’ammenda superiore al montepremi guadagnato nel torneo e con un turno di stop (saltò l’evento di Tolosa). Si trattava di un altro circuito, quel World Padel Tour che a sua volta non era sempre trasparente nelle sue decisioni. Speriamo che con Premier Padel si cambi rotta.


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