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Il calo dei brand spagnoli. Il CEO di Royal Padel: «Ci sono circa 200 brand solo padel: ne rimarranno 5»
ATTREZZATURA

Il calo dei brand spagnoli. Il CEO di Royal Padel: «Ci sono circa 200 brand solo padel: ne rimarranno 5»

Eccesso di entusiasmo e aspettative hanno creato l’anno scorso un overstock che ancora oggi influisce sul mercato dell’attrezzatura. Uno sguardo sulla situazione attuale, su quanto potrà accadere e su quello che andrebbe fatto per regolarizzare il settore


Per i maggiori retail italiani, è una tendenza ben definita: il 2024 sarà un anno di transizione nel mercato dell’attrezzatura padel, un assestamento dopo il boom del periodo 2020-2022 e l’overstock della scorsa stagione. Questo porterà anche a un taglio del numero di brand che i punti vendita decideranno di sposare e che difficilmente raggiungerà la doppia cifra, se non in alcuni casi specifici. In particolar modo, verranno accantonati diversi marchi spagnoli. Se infatti Bullpadel, Nox e Adidas (che nel padel ha affidato l’uso del suo marchio alla società spagnola All for Padel) continuano la loro crescita e si confermano tra i principali attori del mercato, altri stanno attraversando un evidente periodo di turbolenza.

In particolare, Varlion e Starvie, che infatti hanno perso tanti testimonial, non certo per una scelta strategica di marketing. Anzi, alcuni giocatori hanno dichiarato apertamente che il motivo è stato un inadempimento contrattuale che, tradotto, significa non aver ricevuto quanto era stato pattuito. La lista dei giocatori è lunga. Hanno lasciato Varlion Mike Yanguas, Jon Sanz, Alex Chozas, Juani De Pascual, Veronica Virseda e i leader del circuito A1 Padel, Franco Dal Bianco e Maxi Arce. A livello commerciale, hanno perso anche il loro responsabile, Umberto Vano. E non senza qualche strascico. In casa Starvie, hanno preferito accasarsi altrove Javi Garrido e soprattutto Bea Gonzalez che era la stella del marchio, probabilmente la miglior testimonial possibile in campo femminile. Rimane Coki Nieto, vedremo fin quando.

«I brand di solo padel sono troppi: se attualmente ne contiamo 200, prevedo che solo 5 riusciranno a resistere e la sopravvivenza sarà data dalla struttura di ciascuna azienda e dalle spese fisse che deve sostenere» Patricio Tarradas, direttore generale di Royal Padel

Ma l’opinione più tranchant è arrivata qualche settimana fa per bocca di Patricio Tarradas, direttore generale di Royal Padel che al media CMD Sport ha dichiarato: «Le aziende che sviluppano business anche nel tennis, possono sopportare delle perdite momentanee e aspettare che altri brand spariscano, conquistando nuove fette di mercato. I brand di solo padel non hanno questa forza e sono decisamente troppi: se attualmente ne contiamo 200, prevedo che solo 5 riusciranno a resistere e la sopravvivenza sarà data dalla struttura di ciascuna azienda e dalle spese fisse che deve sostenere. Noi abbiamo il vantaggio di essere anche produttori e di poter calibrare gli sforzi».

Tuttavia, nonostante ciò, Royal Padel ha registrato un calo di vendite del 18% nel 2023: «Le ragioni? L’overstock del mercato e l’esagerato ribasso dei prezzi che si è prodotto per liquidare questi stock» ha detto Tarradas. Royal Padel ha fatto registrare il suo record di fatturato nel 2022 con 1,30 milioni di euro e un incremento di oltre il 100% rispetto al periodo 2016-2020 quando il fatturato annuale oscillava tra 490.000 e 551.000 euro. «Alcuni top brand, dopo il boom post-Covid, hanno aumentato notevolmente la produzione perché le aspettative erano alte e poi hanno deciso di abbassare i prezzi in maniera folle per far fronte all’overstock. Davanti a una politica di prezzi così aggressiva, i negozianti hanno ridotto i loro investimenti. Ci sono modelli 2024 già scontati del 30% e questo è molto pericoloso perché a settembre saranno offerti a prezzi stracciati. E quando un cliente si abitua a comprare a condizioni da outlet, è difficile cambiare marcia». Tarradas rimane fiducioso che la situazione si possa presto normalizzare e prevede una crescita (ottimistica) del 20%.

«Dobbiamo imparare dal passato e riflettere su quanto accaduto affinché non si ripeta» Javier Morcillo, direttore commerciale Drop Shot

Sulla stessa lunghezza d’onda anche Javier Morcillo, direttore commerciale di Drop Shot, che invece ha perso il suo miglior testimonial, Pablo Lima per ragioni tecniche (il fuoriclasse brasiliano si è ritirato nel corso del 2023). La scorsa stagione, Drop Shot non ha registrato un calo nelle vendite ma nel fatturato perché «è stato necessario vendere a prezzi più bassi, dato l’overstock che si è creato, quindi la marginalità è inevitabilmente diminuita». Il fatturato generale è infatti sceso da 14 a 12 milioni di euro. L’unico aspetto positivo «è imparare dal passato, riflettere su quanto accaduto affinché non si ripeta». In ogni caso, Morcillo resta ottimista perché i dati sui praticanti continuano a crescere in tutto il mondo, anche se saranno necessari almeno 6-8 mesi perché il mercato si regolarizzi e che le novità di fine stagione permettano di smuovere la domanda: «Quest’anno prevediamo di crescere di almeno il 10%», anche grazie alla firma di un nuovo testimonial che verrà annunciato a breve. Tuttavia, l’auspicio di Morcillo è quello di tanti brand: «Meglio una crescita progressiva e sostenibile che grandi picchi di vendita e ribassi come accaduto negli ultimi anni».

«Le aziende devono migliorare il controllo qualità della loro produzione e verificare con maggior attenzione le offerte online; i retail acquisire maggior competenza ed essere presenti sul territorio con varie iniziative. E insieme, coinvolgere i club e soprattutto i maestri»

Dunque, la situazione appare abbastanza chiara: le aspettative troppo alte di brand e retail per il 2023 hanno creato un overstock che solo in parte è stata assorbito dai paesi emergenti perché la crescita in nazioni come Francia e Gran Bretagna è evidente ma non così rapida come, per esempio, è accaduto in Italia. Invece, in altri paesi chiave come Germania e Stati Uniti è ancora insufficiente. La reazione è stata un inevitabile, anche se spesso esagerato, abbassamento dei prezzi. Una scelta azzardata ma talvolta comprensibile, soprattutto da parte di marchi che non hanno la forza finanziaria di reggere periodi di magra troppo lunghi.

Offerte così incoraggianti hanno influito sulle scelte dei consumatori ed è previsto un periodo di almeno 6-8 mesi per ritornare a una situazione di normalità, nonostante qualche importante catena commerciale abbia notato una crescita interessante già in avvio di stagione. Tuttavia, sarà necessario regolarizzare anche i prezzi: la sensazione è che il consumatore, svanito l’entusiasmo del primo boom e maggiormente educato sulla questione, non sia più disposto a spendere oltre 300 euro per racchette che spesso nemmeno rispecchiano le specifiche tecniche dichiarate. Allo stesso tempo, non è nemmeno accettabile che store online propongano sconti fino al 70-80% su telai premium perché significa svendere un mercato.

Dunque, ognuno deve fare la sua parte: le aziende migliorare il controllo qualità della loro produzione (attualmente alcuni online store, coscienti che il peso della pala da spedire può essere ben diverso da quello indicato, offrono il servizio di verifica del peso. A 10 euro) e verificare con maggior attenzione le offerte online; i retail acquisire maggior competenza ed essere presenti sul territorio con varie iniziative. E insieme, almeno per quanto riguarda l’Italia, adeguare il sistema distributivo formando quel triangolo che deve coinvolgere anche i club e soprattutto i maestri. Solo così si creerà un mercato sano e sostenibile. Sarebbe già un buon punto di partenza. Sperem, diciamo a Milano.


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