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The Store: Ca’ Sport Tennis&Padel, Rivarolo Canavese
ATTREZZATURA

The Store: Ca’ Sport Tennis&Padel, Rivarolo Canavese

Continua il nostro viaggio tra i punti vendita specializzati che credono tanto nel padel. In realtà, Ca’ Sport Tennis & Padel si è evoluto da negozio sportivo per recitare un ruolo più importante nel sistema distributivo. Con le idee chiare: «Tennis e padel stanno vivendo un grande momento ma lo sport dovrebbe smetterla di svendersi»


Definire Ca’ Sport Tennis e Padel un punto vendita sarebbe quantomeno riduttivo. La famiglia Moro è da sempre impegnata nel settore retail, da quando ha aperto il primo negozio nell’ormai lontano 1979 a Rivarolo Canavese, paesino di dodicimila anime in provincia di Torino. Da allora, ci sono state tante evoluzioni, l’ultima ha portato alla creazione di Ca’ Sport Iniziative con lo scopo di essere a capo di tutte le attività: allo storico negozio, ora concentrato negli sport di racchetta, si sono aggiunti i negozi mono-marca di Mizuno e la partecipazione (a titolo personale dei fratelli Moro, Paolo e Alberto) in 4mat, società che distribuisce il brand Diadem, e soprattutto Ikoneec, un nuovo brand di padel che ha obiettivi importanti e presenza significative tra i soci (link all’articolo Ikoneec). Abbiamo incontrato i fratelli Alberto e Paolo Moro per inquadrare la situazione attuale e futura del padel a livello commerciale.

Come siete arrivati a sposare il padel?
Paolo. Quasi per inerzia e per cavalcare un’onda che non poteva essere ignorata. In realtà, già nel 2017 avevamo cominciato ad acquistare le prime pale, delle Babolat Revenge e Contact. Però nel 2018 la nostra attività ha voltato pagina.

Cioè?
Alberto. Abbiamo deciso di chiudere l’attività commerciale di famiglia che era diventata molto onerosa in un piccolo paese di provincia e che stipendiava diverse persone. Ci siamo offerti di aprire negozi mono-brand ma non siamo riusciti a chiudere subito delle partenrship interessanti. Però volevamo continuare quella storia nel settore retail che nostro padre ha creato nel 1979 e quindi abbiamo aperto Ca’ Sport Tennis e Padel ma con l’intenzione di creare un hub nelle tre città del Nord Italia più significative: Milano, Torino e Genova, il triangolo industriale. Tanti ci hanno ascoltato, nessuno ci ha seguito nel progetto nonostante avessimo costruito un ottimo business model con tanto di pagamenti garantiti. Trasparenza e serietà, come siamo abituati da sempre.

«Il tennis finisce al TG1, il padel si sta affermando come lo sport in maggior crescita e il pickleball potrebbe esplodere presto, ma cosa succede sul web? Che trovi le racchette con il 35% di sconto e nel padel anche al 65%. Lo sport si è sempre svenduto»

Quindi come è proseguita l’avventura?
Paolo. Volevamo creare qualcosa di diverso ed è nato Ca’ Sport Iniziative, con una bella sede dove cerchiamo di formulare nuove idee. Nel 2019, complice l’amicizia con la famiglia Pietra, abbiamo puntato al rilancio di Maxima partendo dall’iconico modello Deluxe, studiando il remake di una delle più belle racchette di sempre. L’idea era produrre una serie limitata in 1936 pezzi, in ricordo dell’anno di fondazione di Maxima, il brand italiano che ha scritto la storia negli anni 70. Alla fine il progetto non ha trovato la luce, complice le problematiche legate alla pandemia. Ma da quella idea è nata la volontà di unire alcuni professionisti riconosciuti per creare i-Sports e quindi il brand Ikoneec. Nel 2023 invece, abbiamo costituito la società 4Mat, letteralmente i Quattro Matti, con la quale, insieme agli amici Vittorio Tallia e Luca Appino, distribuiamo il marchio Diadem.

Se dovessi definire le vostre varie iniziative?Alberto. Siamo una famiglia di pionieri e sognatori, oltre che grandi lavoratori. E conosciamo bene il nostro mestiere. Per esempio, il problema dell’overstock lo avevamo previsto e puntualmente si è avverato.

Quali sono le prospettive del mercato padel?Paolo. Partiamo molto avvantaggiati perché come Ca’ Sport non abbiamo nessun overstock, proprio perché la nostra esperienza ci ha fatto tirare il freno perché abbiamo notato una accelerazione eccessiva sul mercato. Certo, abbiamo sofferto una qualche contrazione nelle vendite e il calo della marginalità causato dalla guerra quotidiana con i web store, ma non l’abbiamo pagata troppo. Serve fortuna ma anche voglia di ascoltare e capire. Per esempio, con Ikoneec si pensava di partire con le pale premium level da oltre 300 euro, poi ci siamo lanciati stando sotto quella soglia perché chi vive la realtà dei club, dei tornei, dei giocatori, ha una certa sensibilità.

«Alla fine del primo semestre sarà possibile tracciare un quadro preciso di quello che sarà il business del settore padel perché siamo passati da un boost frenetico alla depressione, ma dopo qualche mese si crea un equilibrio che diventerà la realtà del prossimo futuro»

Cosa prevedi per il 2024?
Alberto. Credo sarà un anno di transizione. Alla fine del primo semestre sarà possibile tracciare un quadro preciso di quello che sarà il business del settore padel per quanto riguarda le vendite, compreso i volumi realistici perché siamo passati da un boost frenetico alla depressione, ma generalmente dopo qualche mese si crea un equilibrio che diventerà la realtà del prossimo futuro.

A livello di brand, quali saranno gli attori principali?
Paolo. I tre grandi marchi del tennis reciteranno un ruolo importante: Babolat, Head e Wilson hanno troppo forza e possibilità di diversificare i business rispetto a brand esclusivamente di padel. Ci sarà una forte selezione di marchi: qualche brand spagnolo come Bullpadel e Nox rimarranno dei riferimenti, insieme alla crescita di marchi locali. Per esempio, si affermerà un brand scandinavo in Svezia, uno belga nei Paesi Bassi e speriamo Ikoneec con il quale, partendo dall’Italia, vorremmo sviluppare quote di mercato a livello internazionale. Noi daremo fiducia soprattutto ai tre big del tennis e in particolar modo a Babolat e Head che mi sembra abbiano delle strategie più chiare. Per i brand spagnoli dipende anche dai distributori, dalla loro affidabilità, dalle relazioni umane. Qualcuno viene a offrirti le sue pale e poi scopri che cerca di venderle direttamente al club che ti sta di fianco…

Come vivi il rapporto con gli store online?
Paolo. Gli sport di racchetta stanno vivendo momenti clamorosi, col tennis che finisce al TG1, il padel che si sta affermando come lo sport in maggior crescita in Italia e il pickleball che potrebbe esplodere, ma cosa succede sul web? Che trovi i prodotti, racchette in primis, col 35% di sconto e nel padel si è arrivati al 65%, pure su modelli appena usciti e di alta gamma. Mi piace ancora mettermi la giacca da negoziante e mi chiedo perché un mercato globale come quello della telefonia non si è mai sputtanato. Vallo a trovare un iPhone al 50%! Lo sport dovrebbe quantomeno copiare certe dinamiche, ma serve un’azione dall’alto, mentre le aziende top non mi sembrano abbiano questa volontà.

Non è un problema nuovo per il mondo dello sport.
Paolo. Assolutamente. Lo sport si svende e si è sempre svenduto. Quando Alberto Tomba faceva sciare tutta l’Italia, la corsa era comunque ad abbassare i prezzi, credendo di essere più furbi dei competitor, quando invece tutti erano disposti a spendere pur di mettersi un paio di sci ai piedi.

«Il cliente padel che varca la porta di un negozio si crede molto competente. In cinque anni abbiamo creato più Belasteguin che Panatta in cinquant’anni di tennis»

Alcuni tuoi colleghi hanno abbandonato il padel perché non rendeva, altri sostengono che senza il padel non potrebbero stare in piedi: dov’è la verità?
Alberto. Nel mezzo. Quando il mercato si svende, le scelte diventano umorali. Si continua a vendere padel anche se a un ritmo inferiore rispetto al boom del 2021 e 2022. Il numero di ore giocate nell’arco di un mese in Italia è aumentato, sono semplicemente più distribuite perché abbiamo superato i 9.000 campi. La coda per giocare non c’è più perché sono aumentate le strutture, non certo per una contrazione nel numero di praticanti che invece ha superato il milione. Il problema è che tanti analizzano il mercato in maniera umorale. Però, se si ragiona con l’umore, si cambia decisione ogni giorno.

È più difficile vendere una racchetta da tennis o da padel?
Paolo. Il cliente padel che varca la porta di un negozio si crede molto competente. In cinque anni abbiamo creato più Belasteguin che Panatta in cinquant’anni di tennis. Il tennista non ha sempre questo approccio, però fa una disanima più approfondita, data anche dalle abitudini. Per dire, il padelista compra anche a occhi chiusi, il tennista vuole spesso testare in campo prima di acquistare. Comunque, vendere un attrezzo sportivo è sempre complesso.

Che tipo di padelista frequenta il tuo punto vendita?
Alberto. Si sta abbassando l’età, vediamo più 20enni e 30enni e questo è motivo di grande fiducia per il futuro di questo sport. La clientela si è allargata e c’è una grande presenza femminile, maggiore rispetto al tennis. Però la fascia media ha capito che una pala non può costare più di 300 euro, indipendentemente dal marchio, dalle tecnologie, dal campione che la utilizza. Semplicemente, è un prodotto che non può costare quelle cifre e la gente, con la maggior esperienza, se ne sta rendendo conto.

Qual  è il rapporto con club e maestri nel mondo padel?
Paolo. Credo che il maestro in futuro sarà il più grande venditore di racchette da padel, grazie soprattutto alle partite guidate, al fatto di avere l’attrezzo sempre  in mano, di poterlo far provare costantemente. Il maestro è stato un veicolo importante nel tennis, lo sarà ancora di più nel padel. E poi il tennista è molto legato a un brand, mentre il padelista cambia continuamente e quindi il maestro può influenzare maggiormente la scelta. Comunque, sono convinto che nel secondo semestre capiremo tante cose: fasce di prezzo, brand, strategie commerciali…

«La clientela si è allargata ma la fascia media ha capito che una pala non può costare 300 euro, indipendentemente dal marchio, dalle tecnologie e dal campione che la utilizza. Semplicemente, è un prodotto che non può costare quelle cifre. E tolleranze e controllo qualità devono migliorare»

Facciamo un passo avanti: nel 2025 quanti brand si potranno trovare da Ca’ Sport Tennis e Padel?Alberto. Cinque, sei marchi saranno sufficienti, oltre ad Ikoneec, of course. Certamente non ne serviranno più 15 perché creano solo confusione. Avranno successo i marchi proprietari di stampi e brand storici e credibili. Poi ogni negoziante si innamora di alcuni marchi particolari, di un’azienda che offre più marginalità, di un maestro particolarmente capace. Molto dipende anche dalle relazioni umane.

La tendenza sono i Racquet Sports Club, dove trovano spazio varie discipline di racchetta: sarà così anche nel retail?
Alberto. Probabile. Negli anni 70 e 80, i negozi erano tennis, sci e calcio, adesso avere tutti i principali sport di racchetta è diventato un must, soprattutto in provincia. Nella grande città, puoi avere un chiosco di sole patatine fritte e avere comunque successo, in quelle più piccole devi essere versatile e proporre un’offerta completa. L’importante è la competenza tecnica.

Quanto difficile crearsela in un sport nuovo come il padel?
Paolo. Bisogna essere onesti: tutti ci siamo improvvisati esperti di racchette da padel. Poi c’è chi ha voluto approfondire. Personalmente, lo studio dello sviluppo delle pale Ikoneec mi ha aiutato molto. Conoscere le produzioni e le dinamiche che ci sono dietro permette di evitare di cadere in banalità o in concetti che poi si rivelano sbagliati. Tanti si sono inventati il mestiere: al principio può funzionare, poi bisogna evolversi.

«Con Ikoneec vogliamo diventare il primo dei secondi marchi. Non abbiamo la presunzione di competere con i top brand come Babolat o Head, ma se manterremo tutte le promesse tecniche e commerciali, possiamo toglierci delle belle soddisfazioni»

Anche la produzione delle pale non segue parametri ancora precisi in termini di peso, bilanciamento e controllo qualità generale: questo aspetto dovrebbe favorire il negozio fisico?
Paolo. Certamente perché una pala la puoi prendere in mano, fornire i dati di peso e balance e, quando possibile, un modello test da provare in campo. Però è chiaro che le produzioni aziendali devono allinearsi alla crescita del mercato: come si può vendere una racchetta a 300 euro se nemmeno si può essere ragionevolmente sicuri del peso e bilanciamento che avrà? Le tolleranze sono ancora troppo marcate: 15 grammi in più o in meno stravolgono il comportamento di una pala. E poi bisogna essere presenti sul territorio: un esempio è il Santo Stefano Padel di Sandigliano dove abbiamo tutte le pale Babolat in test e maestri capaci di farti vivere un’esperienza diretta. L’acquisto diventa più consapevole.

Invece con il brand Ikoneec qual è l’obiettivo prefissato?
Alberto. Diventare il primo dei secondi marchi. Non abbiamo la presunzione di voler competere con i top brand come Babolat o Head, ma se manterremo tutte le promesse tecniche e commerciali, possiamo toglierci delle belle soddisfazioni. All’interno ci sono persone che hanno esperienza aziendale, commerciale e di marketing che fanno ben sperare.

E come punto vendita?
Alberto. Dobbiamo tutto ai nostri genitori che hanno creato un’azienda che oggi ci ha permesso di fare altre scelte. Il vero dilemma è: Ca’ Sport può esistere senza la famiglia Moro? Questo lavoro è sempre più impegnativo, oggi lo facciamo con passione e divertimento, poi si dovrà incastrare con tutti gli altri impegni dell’azienda.

E dove vuole andare la famiglia Moro?
Paolo. Recitare un ruolo più importante nella rete distributiva, in collaborazione con professionisti abili, competenti ed esperte. Crediamo ancora tanto nella qualità degli esseri umani.


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