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Head e il Mercato del Padel
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Head e il Mercato del Padel

Uno sport di tendenza che necessita di un sistema distributivo più chiaro, con club e maestri come driver del movimento e un futuro a medio-lungo termine che si prospetta molto interessante: Corrado Macciò, General Manager Italia, e Stefano Cavuto, Racquetsports Manager Italy, ci hanno illustrato la visione di Head nel mercato del padel


In piena pandemia, le aziende di padel (e tennis) erano l’invidia di tutte quelle realtà che avevano dovuto rallentare la loro attività, con conseguenti ripercussioni su business e fatturati. In quel periodo, sembrava che l’Italia fosse diventata una nazione di santi, poeti, navigatori e appassionati di racchette. In particolare il padel ha vissuto un autentico boom, passando da qualche manciata di campi e appassionati, a circa un milione di fedeli praticanti, diventando un fenomeno di costume sociale, non solo sportivo. Il mercato è cresciuto di conseguenza, sulla spinta di circa trecentomila nuovi adepti all’anno, bisognosi e desiderosi di accaparrarsi una pala per cominciare una nuova avventura, per tanti un esordio assoluto nel mondo dello sport. Head è chiaramente diventata subito un punto di riferimento, cominciando un percorso ben definito e con una mission molto chiara, nella quale gli attori principali sono il prodotto e gli atleti. Abbiamo discusso dell’attuale situazione di mercato e delle previsioni future con Corrado Macciò, General Manager Italia e Stefano Cavuto, Racquetsports Manager Italy & International Grassroot Coordinator.

Qual è la situazione attuale del mercato?
Macciò. Ho esperienza in altri settori sportivi e sono convinto che il mercato è determinato dal movimento. A seconda di quante persone si appassionano a uno sport e sono determinate nel praticarlo, nasce una richiesta di vari tipi di prodotti e la nostra percezione nei confronti del padel è che dopo un boom inziale molto forte, questa curva sia ancora in crescita, seppur in maniera meno evidente. Dunque, ragionando che il mercato è una conseguenza del movimento, la situazione ci appare decisamente positiva. Oggi ci siamo un po’ incagliati perché, a seguito della mancanza di prodotto del 2021 che ha fatto perdere vendite a tutti, si è un po’ sovradimensionato la richiesta di prodotto in Italia, sia da parte delle aziende sia dei punti vendita. Inoltre, ci sono ancora troppi attori in campo e visto che ogni pianta fa la sua ombra, ognuno si prende la sua parte di mercato, seppur con strategie diverse. Però, appena smaltita questa situazione, il movimento si consoliderà e il mercato darà soddisfazione.

È dunque evidente che ci sono troppi brand sul mercato?
Macciò. Indubbiamente, ma i negozianti si stancheranno di marchi che non hanno nemmeno un numero di telefono se devi affrontare un problema e si affideranno alle aziende di riferimento e più strutturate. Viviamo un momento di transizione che porterà al consolidamento del mercato.
Cavuto. Credo si possa fare una similitudine con quanto accaduto nel settore del tennis nei primi anni 90, quando c’erano tantissimi marchi mentre ora ne sono rimasti una manciata. Ci sarà una forte riduzione che in realtà è già in atto in tanti punti vendita perché chi non è esclusivista padel ormai lavora con cinque o sei brand. Il problema è che gli altri cercano strade alternative, spesso rifornendo direttamente il club o il consumatore finale, facendo perdere valore al mercato. Noi invece vogliamo distribuire sempre meglio i nostri prodotti perché passata l’ubriacatura dove si vendeva padel ovunque e comunque, adesso servono partner più mirati e qualificati. La sfida per i punti vendita sarà quella di proporre il padel nella maniera giusta, non potendo sfruttare un servizio come quello dell’incordatura nel tennis che porta inevitabilmente il cliente in negozio.

Il video della nuova campagna di Head, Your Game Is Your Game, con la presenza di tanti fuoriclasse come Novak Djokovic, Jannik Sinner, Sascha Zverev e Arturo Coello.

«Il mercato è una conseguenza del movimento, quindi la situazione ci appare decisamente positiva. Oggi ci siamo un po’ incagliati perché la richiesta di prodotto in Italia è stata sovradimensionata. Però, appena smaltita questa situazione, il mercato darà soddisfazione» Corrado Macciò

Proprio il sistema distributivo, ormai consolidato nel tennis, appare ancora molto confuso nel padel.
Cavuto. Totalmente, anche per la presenza di un numero eccessivo di brand. Anche in pieno boom, abbiamo sempre cercato di seguire una strategia corretta, anche lottando con la rete vendita che avrebbe aperto le porte a chiunque visto che arrivavano richieste di ogni genere. Noi vogliamo distribuire il prodotto dove può essere presentato in una certa maniera, solo che per un paio d’anni i negozi accettavano qualsiasi marchio perché la richiesta del consumatore era altissima. Il problema è stato il forecast sbagliato del mercato spagnolo nei confronti di quello italiano: fino al 2021 si vendeva una certa percentuale di prodotto anche fuori dalla Spagna, poi l’Italia si è strutturata e loro si sono ritrovati con un overstock importante e questa serie di elementi stanno creando un 2023 complicato perché crescono campi e numero di giocatori ma non altrettanto le vendite di racchette e prodotto in generale. I negozianti italiani sono meno soddisfatti quest’anno, ma i più lungimiranti sanno che devono tenere botta adesso per avere ottime soddisfazioni nel medio periodo.
Macciò. Durante la pandemia, gli unici sport praticabili erano tennis, padel, ciclismo e running, così chiunque si è messo a vendere prodotti di queste discipline, essendo le altre ferme. Noi abbiamo resistito alla tentazione, favorendo chi ci è sempre stato vicino e escludendo quei punti vendita nei quali era palese che stavano solo cercando scontrini facili ma senza un progetto a medio-lungo termine. Così come tante aziende, anche importanti, che non hanno mai fatto attrezzatura, si sono avvicinate al mondo della racchetta da padel per cavalcare l’onda ma presto torneranno a fare solo quello è il loro core business.

Il CEO di Royal Padel ha affermato che attualmente ci sono circa duecento brand che propongono esclusivamente prodotti di padel e che nel prossimo futuro ne rimarranno cinque: siete d’accordo?
Macciò. È una situazione che il mondo dello sport ha già vissuto nello snowboard. Al principio c’erano tantissimi marchi che chiamavamo garage brand che andavano a Chiavenna dove una fabbrica faceva tavole per tutti e con un paio di grafiche creavano un nuovo marchio, cavalcavano il momento ma senza una struttura aziendale e appena calato la domanda sono sparite e sono rimasti marchi con un know-how che fanno ricerca e sviluppo e che fanno crescere il mercato. Nel padel accadrà lo stesso. Poi vedremo se saranno cinque, sei, sette o dieci, quello dipende dal mercato. Nel tennis ci sono tre brand che fanno la stragrande maggioranza del mercato, nello sci sono undici o dodici pur vendendo una quantità di prodotto inferiore. Di base, ci sarà una pulizia del mercato.

«Vogliamo distribuire sempre meglio i nostri prodotti perché passata l’ubriacatura dove si vendeva padel ovunque e comunque, adesso servono partner più mirati e qualificati» Stefano Cavuto

Cosa rappresenta il padel nel mondo Head?
Cavuto. Dove si è sviluppato pesa in maniera importante, globalmente è ancora minoritario perché è esploso in poche nazioni come Spagna, Italia, Svezia, Benelux e ora anche in Francia. Sfortunatamente mancano ancora paesi fondamentali come Stati Uniti, Giappone e, in Europa, la Germania. Dove abbiamo potuto sperimentare la crescita del padel, i numeri sono decisamente interessanti. 

E per voi in Italia, padel e tennis sviluppano lo stesso business?
Cavuto. Siamo vicini. Nel 2022 il tennis ha ripreso un po’ di vantaggio ma le distanze sono contenute. Nel padel abbiamo messo in campo la nostra struttura promozionale con club e maestri che in futuro saranno sempre più preparati e rappresenteranno un asset significativo. Anche per questo, ritengo che rimarremo in pochi sul mercato perché avvicinarli vuol dire investire tanto in promozione e nella gestione dei rapporti. Difficilmente un marchio spagnolo potrà svolgere questa attività e per i brand radicati nel territorio italiano sarà un bel vantaggio.

I negozi che propongono esclusivamente padel hanno futuro?
Cavuto. Ne sono convinto. Nel primo semestre 2022 sembrava non potessi esistere se non avevi in collezione una racchetta entry level da 80 euro, necessaria per tutti i nuovi appassionati che si stavano affacciando al padel. Ora la domanda si sta spostando sui modelli di alta gamma e la specializzazione sarà decisiva. La nostra strategia è quella di parlare la lingua del padelista e conoscerlo sempre meglio, per questo abbiamo avviato il circuito Head Experience Days dove incontriamo i giocatori nel loro club mostrando la nostra competenza, la stessa che deve avere un punto vendita.

Invece attualmente sembra il limite di diversi negozi di tennis che offrono prodotti di padel senza conoscerli granché…
Cavuto. Verissimo. Se il negoziante di tennis non si è appassionato al padel, fatica a viverlo nella maniera giusta. Ma senza la giusta competenza non può avere successo e, nel medio termine, finirà col dismetterlo, a vantaggio di chi si specializzerà. Dopotutto, non puoi pretendere di vendere una pala se nemmeno conosci cos’è la bandeja o le caratteristiche di un dato prodotto.

Gli headquarters di Head a Kennelbach, in Austria

«Senza la giusta competenza, un punto vendita non può avere successo. Dopotutto, non puoi pretendere di vendere una pala se nemmeno conosci cos’è la bandeja o le caratteristiche di un dato prodotto» Stefano Cavuto

Head ha appena lanciato una nuova campagna globale, Your Game Is Our Game in cui sono presenti tutti i tre principali sport di racchetta (tennis, padel e pickleball) e dove i protagonisti non sono solamente i fuoriclasse come Novak Djokovic o Arturo Coello: qual è il messaggio che si vuole comunicare?
Macciò. In realtà è qualcosa che internamente ci siamo sempre detti. Ho una visione a 360 gradi dell’azienda e questo claim è il riassunto della nostra filosofia di lavoro. Uno degli aspetti più belli nelle tante riunioni alle quali partecipiamo, è che il prodotto rimane sempre al centro di tutto ed è veramente sentita la mission di studiarli in maniera tale che possano migliorare la prestazione sportiva degli appassionati. Come il negoziante tecnico deve essere il primo appassionato di un determinato sport, nella nostra azienda funziona allo stesso modo: siamo tutti praticanti degli sport che trattiamo, chiaramente ognuno al suo livello. Your Game Is Our Game è dunque il nostro concetto di base. Ci sono aziende marketing oriented e altre financial oriented: ecco, la nostra è product oriented e adesso vogliamo trasmettere questo valore.

Head è sempre molto attenta anche nella scelta dei testimonial: quanto contano attualmente nel padel?
Cavuto. Iniziano a pesare perché la domanda si sta spostando sul prodotto di medio-alto livello che spesso si identifica con un top player. La strategia di Head è quella di creare un legame duraturo con i suoi giocatori e, per esempio, questo ha portato alla decisione di non rinnovare con Sanyo Gutierrez (39 anni, n.d.r.). Vogliamo creare un team di atleti che si sentano orgogliosi di fare parte della famiglia Head, un brand che può offrire molto di più di un ricco assegno. Crediamo nello scouting e nei rapporti con l’atleta e con il suo coach, concetti che abbiamo applicato al tennis e allo sci e adesso anche nel padel.

Gestori di club e maestri: come vi relazionate con queste figure?
Cavuto. Non vogliamo commettere l’errore di replicare nel padel quanto fatto nel tennis perché ogni disciplina ha le sue dinamiche. Per esempio, l’approccio con un padel club è diverso perché quasi sempre ci troviamo di fronte un imprenditore che ha esigenze specifiche e l’obiettivo è creare un’empatia che consenta di lavorare insieme. Per quanto riguarda i maestri, sono ancora un numero limitato e qualitativamente non sempre di altissimo livello e talvolta è difficile dialogare con chi pensa solo a ricevere una racchetta in più. Siamo partiti da zero, ma abbiamo già creato un team di ambassador, veri professionisti del settore con i quali si è creato un rapporto di fiducia che permette di ricevere dei feedback e di conoscere sempre meglio il consumatore. Non facciamo copia-e-incolla col tennis, ma sviluppiamo programmi dedicati.

Il Team Head con Corrado Macciò (a sinistra) e Stefano Cavuto (a destra) in una delle tappe più affascinanti del circuito promozionale Head Experience Days al Forte Village Resort

«Nel lungo periodo, avrei maggiori perplessità se uno sport fosse governato da un ente privato che ne vuole cavar fuori solo dei guadagni economici. La Federazione ha invece lo scopo di sviluppare uno sport e se è strutturata  bene come la nostra, ci può costruire intorno un movimento sano e in continuo sviluppo» Corrado Macciò

È un mondo più stimolante rispetto a quello del tennis?
Cavuto. Personalmente è più stimolante. Il tennis ha dei punti fissi che si fatica a scalfire, mentre il padel ci ha dato nuove energie perché abbiamo avvicinato persone che non appartenevano al nostro mondo e lo viviamo con grande entusiasmo. Io stesso, se al principio ero scettico, appena ho cominciato a giocare sono entrato in un loop completamente diverso. La passione è un elemento fondamentale nel nostro lavoro.

Quanti club avete sotto contratto?
Cavuto. Circa un centinaio. Avere la palla ufficiale del World Padel Tour è stato un bel vantaggio, ora serve qualcosa in più per consolidarsi e continuare a crescere.
Macciò. Quello che invece non abbiamo fatto è stato rincorrere il vip, l’ex-calciatore, la velina di turno. All’inizio possono essere stati utili ma nel medio-lungo termine lasciano il tempo che trovano, anche perché sono personaggi che non restano granché fedeli al marchio. Quindi, barra dritta sul mondo professionale, club e maestri in testa. I nostri migliori influencer sono gli atleti: nel tennis, qual è il miglior influencer? Djokovic. Nel padel? Coello. Un bravo maestro ha un’influenza maggiore sulla community di un post Instagram di un ex-calciatore.

Torneo Major di Roma: quanto gli eventi professionistici sono importanti per la crescita di questo sport?
Cavuto. Tanto, soprattutto da quando la Federazione ha preso il padel sotto la sua ala, per noi è stata una sorta di fideiussione, una garanzia di professionalità nello sviluppo di questo sport. Avere un Major a Roma piuttosto che a Stoccolma è certamente un bel vantaggio e investiamo con maggior tranquillità nel padel proprio perché sappiamo che dietro c’è la Federazione.
Macciò. Nel lungo periodo, avrei maggiori perplessità se uno sport fosse governato da un ente privato che ne vuole cavar fuori dei guadagni economici e che, in un eventuale momento di difficoltà, non ci penserebbe un attimo ad abbandonarlo. La Federazione ha invece lo scopo di sviluppare uno sport e se è strutturata bene come la nostra, ci può costruire intorno un movimento sano e in continuo sviluppo. L’ho vissuto con lo snowboard: quando c’è stato il primo periodo di stallo, se la Federazione Internazionale non l’avesse portato a casa, lo snowboard sarebbe scomparso.

«Quello che non abbiamo fatto è stato rincorrere il vip, l’ex-calciatore, la velina di turno. I nostri migliori influencer sono gli atleti: nel tennis, qual è il miglior influencer? Djokovic. Nel padel? Coello. E un bravo maestro ha un’influenza maggiore sulla community di un post Instagram di un ex-calciatore» Corrado Macciò

Dove ha attecchito, il padel ha sfondato, diventando perfino un fenomeno sociale, come in Italia. La percezione è quindi di uno sport  con potenzialità enormi e ancora del tutto inespresse, considerando che manca un circuito professionistico ben definito, i top player non sono ancora icone come nel tennis o nel calcio e diversi paesi importanti (DStati Uniti, Giappone, Cina, India, etc) ancora conoscono poco questo sport. La notizia più confortante è che i margini di progresso sono ancora notevoli?
Cavuto. Pienamente d’accordo, è uno sport che entusiasma, facile e inclusivo, che va nella direzione di pensiero dei giovani, quindi ha tutte le caratteristiche per sfondare ovunque. Head ci crede tantissimo, anche se non è facile prevedere quando e se prenderà piede in tutti i paesi come i veri sport globali.

Nel medio periodo, dove immaginate possa arrivare il padel?
Macciò. La sfida è sfondare nei paesi con una popolazione significativa, come la Germania se ci limitiamo all’Europa. L’Italia è un chiaro esempio di quello che il padel può rappresentare nel mondo dello sport, ora c’è bisogno che arrivino tanti altri paesi e come Head vogliamo farci trovare preparati perché siamo convinti che accadrà, anche se è difficile fare pronostici su tempi e modalità. Ogni nazione ha le sue dinamiche, ma è sorprendente come uno sport che non gode di certe spinte come altre discipline, vedi la presenza alle Olimpiadi, in certe aree abbia già raggiunto un livello di penetrazione straordinario. Le premesse sono decisamente incoraggianti.


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