Skip to main content
Padel, lo sport da due miliardi
Impianti

Padel, lo sport da due miliardi

Il Global Padel Report 2023 pubblicato da Monitor Deloitte e Playtomic conferma l’ottimo stato di salute del padel, certifica la continua crescita e soprattutto stabilisce  delle aree di sviluppo decisive. Ecco i dati nel dettaglio


Qual è il giro d’affari legato al mondo del padel? Due miliardi di euro, con una previsione di crescita fino a sei miliardi entro il 2026. La stima è stata stabilita da una ricerca condotta da Monitor Deloitte, la divisione di consulenza strategica della nota società di servizi professionali, e Playtomic ed è parte della seconda edizione del Global Padel Report che offre uno spaccato sulla situazione del padel a livello internazionale. Secondo tale rapporto, la crescita del nostro sport è costante e non si è frenata una volta terminata l’emergenza COVID (il padel è stato tra le pochissime attività praticabili durante la pandemia, con evidenti vantaggi) ma i margini di miglioramento sono ancora notevoli, al punto che attualmente si contano 40.000 campi nel mondo ma è una cifra destinata a raddoppiarsi nel prossimo quadriennio. A tirare la volata, dovrebbero essere paesi sportivamente molto evoluti e dalle dimensioni significative, cioè i Big Three europei (Germania, Francia e Gran Bretagna), gli Stati Uniti, il Medio Oriente e l’Asia intera (con Cina e India in pole position), e che ancora conoscono poco pala y bola.

Dunque, come si arriva ai due miliardi del giro d’affari indicato? Sommando i fatturati delle aziende di campi e coperture (200 milioni), dei padel club (un miliardo e 200 milioni), del settore retail (550 milioni, di cui 370 per la vendita di racchette, 100 per scarpe e abbigliamento e 80 per palle e accessori) e di quello legato agli eventi professionistici (50 milioni, di cui 15 dal ticketing e 35 dai diritti tv).

Come si arriva ai due miliardi del giro d’affari? Sommando i fatturati delle aziende di campi e coperture (200 milioni), dei padel club (un miliardo e 200 milioni), del settore retail (550 milioni) e di quello legato agli eventi professionistici (50 milioni)

Attualmente, è la Spagna a fare da locomotiva con 15.300 campi, seguita da Italia (6.470) e Svezia (4.200): nessun altro paese raggiunge ancora le duemila unità. In realtà, il dato dell’Italia sarebbe sottostimato, almeno considerando quanto stimato dall’Osservatorio Padel Paddle, piuttosto attendibile in materia visto che li elenca in maniera dettagliata, e che a fine 2022 aveva indicato in 7.250 i campi installati nel nostro paese. In ogni caso, il saldo dello scorso anno è stato piuttosto positivo a livello internazionale visto che ha fatto registrare un incoraggiante +28% (+8.200 campi di cui 6.600 in Europa) per una spesa totale di 200 milioni.

Vi sono due paesi che sono considerati maturi, Spagna e Svezia. Anzi, nel caso di quest’ultima si parla di stallo, se non proprio di recessione. Il motivo è abbastanza condiviso da tutte le analisi: una crescita fuori controllo che ha portato ad avere 4.200 campi per una popolazione appena sopra i dieci milioni di abitanti 8in proporzione sarebbe come se in Italia ne contassimo già 24.000) con una concentrazione notevole in alcune aree. Inoltre, il mercato è nelle mani di pochi fondi di investimento che, appena hanno cominciato a lucrare meno, hanno preferito chiudere diversi club, pareggiando il nuovo numero di campi installati. In questo senso, fa eccezione Padel Zenter, la catena di club creata da Zlatan Ibrahimovic che, pur cosciente della situazione, sta costruendo un bellissimo club a Stoccolma dove troveranno spazio anche gli headquarter della società, appena sbarcata a Milano.

Interessante quanto invece sta accadendo in Spagna che dovrebbe rappresentare un ambizioso benchmark per l’Italia: a fine 2022 si contavano 15.300 campi (uno ogni tremila abitanti) con una media di 3.7 per club. Nel 2022 sono stati installati 1.100 nuovi campi, è cresciuta la digitalizzazione dei club, è migliorato lo standard produttivo e la viewership degli eventi professionistici è piuttosto incoraggiante. La sensazione è che gli spagnoli abbiano quasi un decennio di vantaggio ma la rincorsa è partita.

Purtroppo, il Global Padel Report non presenta quest’anno un rapporto dettagliato sull’Italia ma si è (giustamente) soffermato sui paesi emergenti, quelli che potrebbero determinare il prossimo boom. France is the new Italy, lo sostengono in tanti e un’azienda italiana in particolare ha deciso di investire fortemente con i cugini: Woodpad ha ottenuto la (necessaria) qualifica di QualiSport e punta a replicare il successo già conseguito in Belgio, paese affine per lingua e costumi. Poi Germania e Gran Bretagna che insieme contano appena 500 campi ma che hanno piani di sviluppo interessanti. Londra sta per inaugurare dei campi perfino a Canary Wharf e il gruppo svedese PDL è pronto a sovvenzionare chiunque abbia delle prospettive interessanti nel paese, mentre in Germania il trend sta cambiando ora che la Deutscher Tennis Bund ha preso il padel sotto la sua ala e lo considera un nuovo asset da sfruttare e non un competitor da combattere.

Ci sono 40.000 campi nel mondo: la locomotiva è la Spagna con 15.300, seguita da Italia (6.470) e Svezia (4.200): nessun altro paese raggiunge ancora le duemila unità. Nel 2026 si prevede saranno almeno 85.000

C’è poi la questione Stati Uniti che meriterà un approfondimento dedicato. Oltre al tennis, negli States il padel deve vincere la concorrenza di un altro sport di racchetta, il pickleball che ormai conta quasi dieci milioni di praticanti (con una forte partecipazione di adulti, tanto che è stimato che questo sport abbia contribuito alla crescita delle spese mediche per 500 milioni dollari!). Il padel sta cercando di farsi strada grazie all’impegno del deus ex machina, Marcos Del Pilar: è stata creata una Pro League, sono stati chiamati ex fuoriclasse come Marta Marrero e Seba Nerone, e creati club affascinanti (in ultimo il Reserve di NYC). Fabrice Pastor, patron del circuito A1Padel è riuscito a coinvolgere la proprietà dei New York Yankees, un’istituzione nel paese e quest’anno è previsto un primo importante evento nella Grande Mela. Però le incognite sono ancora tante: attualmente ci sono180 campi distribuiti in 56 club; l’obiettivo di Del Pilar è arrivare a quota trentamila nel 2030. Se la strategia sarà quella corretta, non è un obiettivo impossibile, considerate le dimensione nel paese (per dire, i campi da tennis sono 240.000 per quasi 18 milioni di praticanti).

Per quanto riguarda il settore retail, i margini sono allettanti. Basta dare uno sguardo al fratello maggiore del padel, ossia il tennis: la fetta di mercato del primo fa segnare 550 milioni, quella del secondo sei miliardi e mezzo. Se ci limitiamo all’Europa, il dato del padel resta sostanzialmente uguale, quello del tennis sfiora comunque i due miliardi. Tuttavia, in paesi come l’Italia dove il padel ha già attecchito, molti top brand hanno fatto segnare fatturati del tutto simili tra le due discipline. Anzi, in alcuni casi, il padel ha superato il tennis, pur con un secolo abbondante di tradizione e sviluppo in meno.

Dove invece la strada appare ancora in salita è nei tornei pro: tra ticketing, sponsoring, merchandising e diritti tv, il padel si assesta sui 50 milioni, contro i sette miliardi del tennis, i 21,5 del basket e i 45 del calcio. Il padel paga essere frastagliato in tre circuiti (o quantomeno due e mezzo, considerando che l’A1 Padel ha un’influenza minore rispetto a World Padel Tour e Premier) ma tanto dovrebbe cambiare dalla prossima stagione quando ci sarà un solo tour principale (quello Premier, anche se ancora da stabilire con quali modalità) ed è probabile venga studiata una strategia ad hoc. Attualmente, i circuiti pro di padel distribuiscono otto milioni di montepremi, quello del tennis 180 (e l’audience è di 30 milioni di persone c0ntro un miliardo). Il dato positivo è la crescita degli eventi pro, almeno a livello numerico: nel 2022, 30 nazioni hanno ospitato un totale di 126 (65 dai tre circuiti pro, 61 da quello della Federazione Internazionale).

Tuttavia, il nodo cruciale è il tanto desiderato ingresso alle Olimpiadi. I proclami sono spesso propagandistici, però bisogna fare i conti con regole precise. Se la FIP non vede la diffusione del padel come un ostacolo (sebbene uno sport olimpico debba essere rappresentato in 75 nazioni di almeno quattro continenti per gli uomini e 40 nazioni in tre continenti per le donne), bisogna ancora valutare il programma anti-doping richiesto dalla Wada e attendere i sette anni previsti dall’approvazione al reale svolgimento. Considerati questi parametri, la prima edizione raggiungibile è quella di Brisbane nel 2032, mentre Parigi 2024 e Los Angeles 2028 sarebbe già off-limits. La presenza olimpica aiuterebbe a sbloccare investimenti significativi in paesi (vedi la Cina) dove il medagliere olimpico è la cartina tornasole del movimento sportivo: prima ci si arriva, prima i contributi verranno elargiti. Gli European games appena conclusi a Cracovia hanno un valore agonistico relativo, ma sono un’anticamera necessaria per arrivare ai Giochi Olimpici. Serve pazienza e tanto lavoro politico.

L’obiettivo negli Stati Uniti è avere trentamila campi entro il 2030. Se la strategia sarà quella corretta, non è un obiettivo impossibile (per dire, i campi da tennis sono 240.000 per quasi 18 milioni di praticanti)

Infine, un occhio alle preferenze degli appassionati europei interpellati tra gli utenti Playtomic: la stragrande maggioranza ha cominciato a giocare a padel per divertimento (ma oltre il 40% anche per tenersi in forma), in Spagna il 43% ha cominciato a giocare oltre 5 anni fa (meno del 4% dei giocatori nel resto d’Europa), il 73% è nomade, nel senso che gioca in più di un club, e oltre il 50% è disposto a giocare anche fuori dal suo gruppo di amici.

Insomma, il padel gode di buonissima salute, ma nei prossimi anni starà ancora meglio.


Ti potrebbero interessare anche: