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Youssef Hossam: padel saved my life (e da una squalifica a vita)
LA STORIA

Youssef Hossam: padel saved my life (e da una squalifica a vita)

Youssef Hossam, egiziano di 26 anni, è stato top 10 juniores nel tennis e sognava di diventare un vero professionista. Un’ambizione naufragata e conclusa con una squalifica a vita per scommesse: «Potessi tornare indietro lo rifarei: non avevo altra scelta». Ora però col padel…


A diciassette anni, Youssef Hossam era un buon giocatore di tennis. Anzi, un ottimo giocatore di tennis, la miglior promessa in Egitto da cinquant’anni, dopo le imprese di Ismail El  Shafei, uno dei quattro giocatori capaci di battere Bjorn Borg a Wimbledon (1974, terzo turno). Youssef ha giocato tutti gli Slam juniores e ha raggiunto la top ten della classifica mondiale under 18, ma il mondo dei grandi è  diverso e periglioso. Ci ha provato, non ci è riuscito. L’Egitto è pieno di tornei futures, la serie C del tennis mondiale, dove si possono fare punti e qualche euro, per sbarcare il lunario e provare a scalare la classifica mondiale. Però, di soldi ne girano pochini. E per Youssef, l’unico sponsor era il padre, con il fratello Karim a far da mentore. Nei primi due anni di carriera pro, Youssef non è praticamente uscito dall’Egitto, però vincendo spesso, soprattutto nel resort di Sharm El Sheik che tutte le settimane ospita un torneo futures, sempre uguale, in una sorta di sabba tennistico dove i peones si scannano per vincere qualche partita e continuare a vivere il sogno del professionismo.

Ci capitai una volta, il giudice arbitro mi indicò un giocatore brunito che palleggiava sull’ultimo campo: «Lui è qui da dodici settimane e ancora non ha passato una volta le quali» mi disse melanconico. Youssef però era più forte: ha vinto cinque tornei nel 2017, altri tre nel 2018. Poi il padre ha cominciato a stare male e i prize money a rimanere insufficienti. L’ingaggio in Bundesliga diventa un’ancora e gioca anche in Coppa Davis: dopotutto è entrato nei primi 300 del mondo ed è il numero uno del paese. Ma per andare avanti non basta. Il fratello gli butta lì che forse c’è la possibilità di fare qualche soldo extra, basta perdere qualche match. E magari convincere qualche collega a fare lo stesso. Flusso di coscienza: «Non è che avessi molta scelta e nemmeno avevo capito che fosse cosi grave. Una volta chiesi al mio capitano di Coppa Davis cosa fosse la Tennis Integrity Unit e mi rispose che non ne aveva la più pallida idea».

A tennis, Youssef vinceva ma tornei Futures dove di soldi ne girano pochini. Il fratello gli butta lì che forse c’è la possibilità di avere un’entrata extra, basta perdere qualche match. E magari convincere qualche collega a fare lo stesso: «Non è che avessi molta scelta e nemmeno avevo capito che fosse cosi grave…»

Alla fine l’hanno beccato. Anche il fratello. «Potessi tornare indietro? Lo rifarei, non avevo altra scelta, mi servivano mille dollari al mese per allenarmi e nessuno poteva darmeli». In testa gli sono piombati ventuno capi di imputazione perché la TIU non scherza, soprattutto con i pesci piccoli. Quando sono arrivati, Youssef si trovava a Seul dove era volato per giocare uno dei pochi challenger in cui era entrato per diritto di classifica. Non poté scendere in campo. Mai più: squalificato a vita. A 23 anni, dopo anni a rincorrere il sogno del professionismo, si è ritrovato senza uno scopo, col vuoto davanti. Ha provato con la boxe ma è salito sul ring una volta sola: preso a pugni, ha capito in fretta che non faceva per lui. Poi si è messo a fare il maestro di tennis («Mi servivano soldi e quello sapevo fare: giocare bene a tennis»). Ma la vita stava scivolando via, insieme al padre malato.

«Potessi tornare indietro? Lo rifarei, non avevo altra scelta, mi servivano mille dollari al mese per allenarmi e nessuno poteva darmeli»

Succede però che in Egitto c’è un altro sport che fa boom, si chiama padel. In pochi anni, il 40%  dei campi del continente africano vengono costruiti proprio all’ombra della piramidi, tanto che New Giza ha ospitato anche un torneo del circuito Premier. E succede anche che Youssef trova un nuovo scopo della vita: «Nel club dove insegnavo tennis, c’erano due campi da padel. Ci finisco dentro e mi piace. Il mio background tennistico mi aiuta e mi alleno durante ogni pausa delle mie lezioni». Il campo è più piccolo, la racchetta più corta, ma il ragazzo ci sa fare, trova un primo partner locale e inizia con il circuito egiziano che non è ricco ma è ben organizzato. Youssef  gioca torneo dopo torneo, cambia qualche compagno, inizia dal gradino più basso ma sale in fretta e inizia a vincere titoli. Saranno cinque con altre quattro finali  e in meno di un anno è già presente ai Campionati del Mondo a Dubai, in rappresentanza del suo paese.

Un  buon inizio. Trova sostegno nella World Padel Academy negli Emirati Arabi e un partner di livello, Julian Lacamoire, un argentino atipico e con i capelli rossi. Anche il mondo del padel internazionale inizia a conoscerlo. Gli ultimi mesi sono stati una crescita costante e a livello FIP Rise sono arrivati i primi due titoli, a Doha e a casa di Youssef, al Cairo, battendo i nostri Flavio Abbate e Giulio Graziotti.

Youssef è unanimemente conosciuto come un giocatore valido, dotato di una mano educata e in completa evoluzione. La prima star del padel africano potrebbe essere proprio lui, Youssef Hossam, lo squalificato a vita che ha trovato una nuova strada.


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