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IL PERSONAGGIO

The Talented Mr. Tolito

Tolito Aguirre è una sorta di leggenda, capace di infiammare i social ogni volta che si inventa un colpo impossibile, a partire dalla Tolitinha. Ma quanto vale veramente? Come finirebbe affrontando i top players mondiali? Ecco la storia di uno dei personaggi più amati

di Lorenzo Cazzaniga

9 novembre 2022


Il club è tra i tanti che affollano le periferie messicane e nemmeno tra quelli messi meglio o meglio frequentati. L’avversario è un lungagnone anonimo ma potente, di quelli che guai ad offrirgli una palla troppo comoda. Il compagno di Tolito azzarda un globo che si trasforma in assist e sul quale il lungagnone si avventa con violenza; Tolito, che ha cellule grigie che fortunatamente sono più svelte dei garretti, non propriamente da atleta, si è già mosso in avanti. Poi, il pensiero che non accarezzerebbe mai una persona razionale: si mette spalle alla rete, lascia che la palla lo superi sopra la testa, leggermente alla sua destra e, quando ormai è oltre la linea delle spalle, un limite considerato invalicabile, alza la pala e spazzola la palla con la delicatezza di un primo appuntamento. La traiettoria è geometricamente misteriosa, diventa quasi una linea parallela al suo corpo, rimbalza appena oltre la rete e, con l’effetto impresso, sfila via per la porta laterale. Il lungagnone lo guarda tra il divertito e l’incazzato, come succede quando hai la chiara impressione che ti abbiano appena preso per il culo. Poi allarga le braccia e agita la racchetta come si trattasse di un linguaggio dei segni, a ribadire un concetto comune a tutti i presenti: ma come diavolo hai fatto?

La chiamano la Tolitinha perché il protagonista è Leonel Aguirre, che tutti conoscono come Tolito.In Argentina, affibbiare un soprannome è un’arte e nel suo caso bisogna compiere due passaggi: Leonel ha un fratello maggiore, Gustavo Ariel. Anche lui professionista di padel, da ragazzino mostrava una certa dimestichezza col pallone tra i piedi, al punto da essere paragonato ad Americo Ruben Gallego, un centrocampista di talento che ha diviso la sua carriera tra il Newell’s Old Boys e il River Plate, oltre ad aver vestito la maglia dell’albiceleste nel Mondiale vinto in casa nel ’78. La madre di Gallego, lo cominciò a chiamare Tolo, per riassumere il carattere ribelle, un po’ folle e distinguerlo dai quattro fratelli. E se Gustavo Ariel era Tolo, il fratello più piccolo non poteva che essere ribattezzato Tolito. Ora, succede raramente che un gesto tecnico venga associato specificamente a un atleta: ricordiamo la SABR di Roger Federer, il gancio-cielo di Kareem-Abdul Jabbar, il cucchiaio der Pupone. La Tolitinha è un copyright involontario perché nessuno, né prima né dopo, l’ha mai giocata, forse perché nessuno l’ha mai nemmeno pensata. Per questo Tolito diventa sempre l’attrazione principale ovunque si esibisca, fin da quando era ragazzino e il talento è stato subito evidente.

La traiettoria della Tolitinha è geometricamente misteriosa, diventa quasi una linea parallela al suo corpo, rimbalza appena oltre la rete e sfila via per la porta laterale. Il lungagnone lo guarda tra il divertito e l’incazzato, come succede quando hai la chiara impressione che ti abbiano appena preso per il culo

Il celebre scrittore canadese Malcom Gladwell nel suo Outliers, spiega che «chiunque può primeggiare in una disciplina se vi si applica intensamente e per un determinato periodo», stimando in diecimila ore l’impegno necessario. E, per riuscirci, è fondamentale che sia offerta un’opportunità: i Beatles impararono a performare live negli anni 60, perché scritturati tutte le sere a St.Pauli, il quartiere a luci rosse di Amburgo; in uno studio sui top 20 del tennis, si è appurato che la quasi totalità aveva un parente prossimo con un passato/presente nel mondo dello sport. Tolito, l’opportunità l’ha trovata confezionata in casa, una tipica famiglia della classe media di Buenos Aires, buoni lavoratori per far fronte ai continui scossoni dell’economia argentina. In pieno boom padelistico, il padre ha tirato su un piccolo circolo a Lomas de Zamora, a sud della capitale: Approach Padel, tre campi in cemento y nada más. Tolito è cresciuto lì: «Passavo le mie giornate al club, sempre con una racchetta in mano. Da bambino, il mio castigo era non farmi giocare a padel» ci racconta con un sorriso. Il talento era cristallino, la pratica assidua inevitabile.

«Tolito è forte. Mi aspettavo un giocatore che provasse solo a fare spettacolo, invece in campo è molto ordinato, fa sempre la scelta giusta. La gente impazzisce quando gioca una volée smorzata che finisce fuori dalla porta ma quello che mi ha impressionato è la qualità del pallonetto, ti fa giocare sempre scomodo» Simone Cremona

E così, sono nate le sue giocate imprevedibili, al punto che per molti appassionati, Tolito è una sorta di globetrotter applicato al padel: tutti corrono a vederlo in attesa che compia la magia, la giocata spettacolare. «Onestamente non ci penso, entro in campo solo con lo scopo di vincere e qualsiasi cosa viene in maniera naturale. Però fa piacere sapere che le gente ti apprezza: ci sono giocatori che non amano esibirsi davanti a migliaia di persone, per me invece lo sport è quello». Tolito ha, fin qui, solo assaggiato le grandi arene, quando disputa i tornei in Sudamerica dell’APT, un circuito che vive all’ombra del World Padel Tour e del Premier Padel e che ha un certo seguito solo a sud dell’Equatore. «Il livello è alto, credimi. Voglio diventare numero uno APT e continuare a giocare in questo circuito. Per il resto, vedremo. E comunque, anche nei tornei italiani non è facile vincere». Proprio questo assunto, spinge alla domanda più frequente: ma quanto vale Tolito? Cioè, va bene essere tra i primissimi dell’APT, ma se giocasse nei tornei del World Padel Tour, contro Galan e Lebron, Sanyo e Tapia, Coello e Bela, come finirebbe? Le risposte sono inevitabilmente varie, come le crocette al Totocalcio. «Ho giocato qualche torneo WPT, non è andata male e oggi sono un giocatore decisamente migliore. Però non è facile rispondere: per esempio, se devo partire dalle pre-previa, il rischio è giocare al primo turno contro una testa di serie con cinque, sei, sette partite sulle spalle».

Molto sicuro delle sue chance è invece il suo coach, Federico Rinaldoni: «Tolito vale i primi dieci del mondo» e racconta un episodio che chiarisce il concetto: «Lo scorso maggio era a Madrid per allenarsi con Tito Allemandi. Giocano un match contro Miguel Lamperti e Edu Alonso (rispettivamente n.21 e 46 del ranking mondiale n.d.r.): il martedì vincono 6-3 7-5, il giovedì 6-3 6-0. La settimana dopo, Lamperti e Alonso hanno vinto un WPT Challenger. Capisci il suo valore?».

«Contro i top players, Tolito potrebbe pagare fisicamente ma vale un posto tra il 40 e il 50 del mondo. I primi venti invece sono un’altra cosa» Lorenzo Di Giovanni

Meno ottimisti alcuni giocatori italiani che l’hanno affrontato: «Non credo possa stare nei primi 50 – dice Simone Cremona, pluricampione italiano -: diciamo intorno al numero 60». Più indulgente il number one azzurro 2021, Lorenzo Di Giovanni: «Difficile dirlo: potrebbe pagare fisicamente ma tra il 40 e 50 ci può stare. I primi venti invece sono un’altra cosa». Tuttavia, l’idea di Tolito come showman da social network dove impazzano i video che lo riprendono nelle sue giocate impossibili, es una mentira. Per spiegarlo, scomodiamo ancora i nostri top player: «Sia chiaro, Tolito è forte. Mi aspettavo un giocatore che provasse solo a fare spettacolo, invece in campo è molto ordinato, fa sempre la scelta giusta – dice Cremona -. La gente impazzisce quando gioca una volée smorzata che finisce fuori dalla porta ma quello che mi ha impressionato è la qualità del pallonetto, ti fa giocare sempre scomodo». Gli fa eco Marco Cassetta: «È molto forte, sopra il livello dei migliori giocatori italiani. Talento incredibile, mano fatata, riflessi prontissimi. E poi il pallonetto è il colpo più importante a padel e lui lo gioca benissimo, da qualunque posizione e in qualunque modo». Sulla stessa linea, Di Giovanni: «Tolito è un giocatore straordinario. Talento e tecnica sono evidenti, ma è incedibile come legge il gioco. Tolto quando ti scherza con un giochetto, fa sempre la scelta più intelligente che spesso è la più… semplice!».

Per avere una risposta definitiva, dovremmo vederlo costantemente impegnato nei tornei WPT e Premier Padel, una circostanza che non rientra nei suoi piani: «Attualmente sono concentrato nell’APT, voglio diventare numero uno e restarci, quindi non c’è nessun dubbio che l’anno prossimo giocherò questo circuito». L’aspetto economico non è indifferente e Fabrice Pastor, patron dell’APT, stravede per lui: «Fabrice è una delle poche persone che mette gli interessi dei giocatori davanti ai suoi. Parliamo spesso, mi consiglia. Nell’APT mi sento comodo e si guadagna bene, anche se quando scendo in campo non penso certo ai soldi. Però, ho una famiglia da mantenere!». Soprattutto ora che è diventato padre di Mateo, due anni, che pare ripercorrere la stessa strada: «Non chiede mai un giocattolo, ma solo la paleta, come facevo io. Non sempre è possibile viaggiare con la famiglia perché costa tanto, ma quando stiamo tutti insieme è un’altra cosa».

Succede raramente che un gesto tecnico venga associato specificamente a un atleta: ricordiamo la SABR di Roger Federer, il gancio-cielo di Kareem-Abdul Jabbar, il cucchiaio der Pupone. La Tolitinha è un copyright involontario perché nessuno, né prima né dopo, l’ha mai giocata, forse perché nessuno l’ha mai nemmeno pensata.

Un bell’aiuto è arrivato dall’Italia, nelle vesti del Juggle Padel. Da Buenos Aires a Somma Lombardo, il salto è stato notevole: «Ho rinnovato il contratto tecnico con Hirostar e conosciuto Cristi e Gian (Cristi Isofii e Gian Enrico Gilardi, i deus ex machina del Juggle n.d.r.) che mi hanno offerto una possibilità unica: trasferirmi in Italia e pensare solo ad allenarmi e competere. Prima ero finito in Messico e per campare dovevo dare dieci ore di lezione al giorno, una locura». Il contratto, scattato lo scorso maggio, è di cinque anni, a dimostrazione che la fiducia in Tolito è alta. Soprattutto perché appare chiaro che il Tolito attuale è ben diverso da quello che abbiamo ammirato fino alla scorsa stagione: «In sei mesi ha perso 17 chili – spiega coach Rinaldoni -. A inizio anno si è presentato in campo dicendomi che era convinto di fare un salto di qualità. Sai, Tolito è giovane, ha 24 anni e un po’ di soldi che gli girano intorno: senza esperienza, fatichi a gestirti. Per dire, era un tipo che se decideva di bere tre litri di Coca-Cola in un giorno, non ci pensava un secondo. Adesso è una persona diversa, anche perché diventare padre ti aiuta a maturare: ha preso un nutrizionista e ha cominciato ad allenarsi seriamente anche dal punto di vista atletico, due, anche tre allenamenti al giorno nella preparazione invernale. Non sarà mai una bestia fisicamente, ma è migliorato tanto». Tutto questo in cosa si traduce?. «Tecnicamente ti permette di giocare dei colpi con un piazzamento migliore perché a padel è fondamentale arrivare bene sulla palla. Prima si tirava fuori dai guai col talento, adesso può sfruttarlo appieno. Prendi il gancho alla griglia, ora che è sempre ben piazzato, lo mette dove vuole e, appena l’avversario si muove un attimo prima, il talento lo aiuta a fintare: griglia, por tres, fa tutto con estrema naturalezza. Pensa che all’inizio faceva fatica perché non era abituato ad arriva per tempo! E poi ha un’altra qualità che rende facile allenarlo: basta dargli un suggerimento e lui lo mette in pratica immediatamente». 

«La prima Tolitinha l’ho giocata in un torneo in Messico, la seconda contro Ale Galan. Cioè, già è difficile da giocare, figurati contro un animale come Ale! Oh, lui e Lebron giocano un altro sport. A me piace far divertire la gente, guardare le facce stupite dopo un gran colpo. Però vincere è più bello. Continuerò a fare la Tolitinha, però magari non sul match point» Tolito Aguirre

Quello che non si può insegnare è l’arte di inventare, una qualità che Tolito non deve perdere. Che lasci perdere chi lo vuole ingabbiare in schemi precostituiti, in quel gioco cotto-e-magnato fatto di regolarità e insipienza. Chi è stato baciato dagli dèi del padel deve continuare a dispensare magie. Come la Tolitinha: «Pensa, la prima volta l’ho giocata in un torneo in Messico, la seconda contro Ale Galan – ricorda con orgoglio -. Cioè, già è difficile da giocare, figurati contro un animale come Ale! Oh, lui e Lebron giocano un altro sport. A me piace far divertire la gente, guardare le facce stupite dopo un gran colpo. Però vincere è più bello. Continuerò a fare la Tolitinha, però magari non sul match point». Suerte, Tolito.

Passato, presente e futuro

Nell’immagine sopra, uno dei campi dell’Approach Padel di Lomas de Zamora gestito dal papà di Tolito. Sotto, il fuoriclasse argentino al Juggle Padel di Somma Lombardo, zona aeroporto di Malpensa, uno dei club più belli d’Italia. Tolito ha firmato un contratto col Juggle per cinque anni e che gli permette solo di allenarsi e competere nel circuito APT. In attesa di vederlo impegnato anche nei tornei World Padel Tour e Premier Padel.