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INTERVISTA

The Coach: Mauricio Lopez Algarra

Dieci anni fa ha deciso di lasciare le meravigliose spiagge di Playa del Carmen dove insegnava tennis per trasferirsi in Italia. Qui è stato tra i primi a scoprire il padel e ha vinto quella scommessa: è maestro nazionale e coach della n.1 d’Italia, Giulia Sussarello. Ecco la sua storia e i suoi pensieri su presente e futuro del padel in Italia

di Lorenzo Cazzaniga

15 maggio 2021


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L’incontro tra Mauricio Lopez Algarra e il padel è avvenuto al contrario: lui è nato dove tutto è cominciato, in quel Messico dove nel 1969 Enrique Corcuera inventò questo sport, ma dentro una gabbia 20×10 c’è finito (seriamente) solo una volta arrivato a Milano, quando il padel in Italia era un gioco conosciuto da pochi intimi. Da ragazzino aveva provato a diventare un giocatore professionista, cercando di ripetere le imprese di Rafael Osuna e Raul Ramirez, ma si è fermato nella Elite Eight dei giovani messicani più promettenti, senza però racimolare un punticino ATP. Come premio di consolazione, Mauricio svernava in un resort di Playa del Carmen, dove lavorava come istruttore di tennis: soldi facili ma poco stimolanti. Ecco perché nel 2011 ha deciso di accettare l’invito di una coppia di milanesi in felice villeggiatura: la voglia di mettersi in gioco, unita a una certa propensione all’avventura, l’hanno spinto dalla spiaggia del Carmen in via Feltre a Milano.

«Venire in Italia è stato un salto nel buio ma ho sempre vissuto così: faccio ciò che sento e fortunatamente è andata bene. A Milano insegnavo tennis allo Schuster e giocavo la Serie C. Ma soprattutto avevo voglia di una sfida da vincere a livello professionale».

Cosa ti è piaciuto dell’Italia?
Il cibo e la cultura, come è normale che sia. Molti mi dicono che sono stato folle a lasciare un posto bellissimo come Playa del Carmen ma non tornerei indietro. L’unico problema è stato il freddo: non pensavo che l’inverno fosse così rigido. E poi ero venuto per giocare a tennis e all’inizio vincevo pochissimo perché ero abituato alle superfici veloci mentre in Italia mi sono dovuto adattare alla terra rossa. Ci capivo poco, però pian piano sono arrivato in seconda categoria.

«Anche ai giocatori di club bisogna subito insegnare come colpire la palla ma soprattutto dove indirizzarla. Anzi, a padel il dove conta più del come…»

Poi è arrivato il padel che è nato in Messico ma hai conosciuto in Italia.
Vero, in Messico avevo giocato solo due volte e qui sono stato fortunato a trovarmi al posto giusto, nel momento giusto, con la persona giusta, cioè Gustavo Spector. A Milano giocavano solo lui, Gualtiero Girodat e Giuseppe Sinisi: mi hanno invitato in un campo in zona Lambrate e mi è piaciuto subito. Un anno dopo ho lasciato il tennis per il padel.

Il padel l’hai vissuto subito con l’intenzione di diventare un coach?
Esattamente. Al principio vincevo tanti match perché eravamo in pochissimi e chi aveva cominciato con Gus conosceva le basi meglio di chiunque altro. Ora mi considero un coach al 100%, anche se a livello nazionale sono ancora competitivo. Però il fisico non è quello di un ragazzino…

Ma perché il padel conquista subito chi comincia a praticarlo?
La facilità del primo scambio, il divertimento immediato, c’è un po’ di magia dentro questa gabbia. La connessione che si crea nella coppia sul campo non la si trova in tanti sport.

Come si convince la gente che si tratta di uno sport e non di un semplice gioco?
Basta farli giocare almeno una volta alla settimana per due mesi e poi capiscono che si tratta di uno sport molto completo. È sufficiente un torneo amatoriale o spiegare un piccolo trucco per vincere più partite e il gioco è fatto: da quella gabbia non vorrebbero più uscire! 

Cosa ti sei portato dal mondo del tennis al padel?
Ho giocato a tennis a livello agonistico per tutta la vita e quindi ho una certa disciplina mentale che mi aiuta a essere calmo quando sale la pressione e i punti diventano decisivi. Tecnicamente sono sempre stato un giocatore serve&volley e quindi gioco molto bene la volée. A tennis, quando avevo 10 anni, un allenatore mi piazzò sotto rete e chiese agli altri ragazzi, tutti più grandi, di tirare forte su di me: così ho perso la paura e il gioco al volo è diventato la mia caratteristica principale. Adesso di volée ne sbaglio davvero poche.

Mauricio Lopez Algarra insegna al Padel Club Milano nel centro dell’Aeronautica di Linate

Cosa cambia tra insegnare tennis e padel?
Tantissimi aspetti. Su un campo da padel ci sono migliaia di cose sulle quali si può lavorare, mentre nel tennis certi meccanismi si ripetono più spesso. Il padel è uno sport più vario tatticamente e, a livello di insegnamento, è più divertente e stimolante.

Ma è più difficile insegnare tennis o padel?
Sono due sport molto diversi a livello tattico. Nel padel, anche ai giocatori di club bisogna subito insegnare come colpire ma soprattutto dove indirizzare la palla. Anzi, a padel il dove conta più del come perché puoi eseguire una volée tecnicamente perfetta, ma se non la indirizzi nel posto giusto, perdi comunque il punto. Per questo il ruolo del maestro è fondamentale nello sviluppo del gioco.

Nel padel si vedono giocatori definiti stortiperché hanno movimenti poco canonici: ma quanto è importante lo stile esecutivo?
Dalla prima lezione cerco di insegnare dei gesti precisi e poi mi adatto alle capacità dell’allievo. Chi viene dal tennis e usa impugnature molto aperte, deve adattarsi ma può sfruttare una certa manualità. Tecnicamente il padel è uno sport semplice ma ci sono delle basi che è meglio apprendere da subito se si vuole diventare ottimi giocatori.

Qual è la situazione della categoria maestri in Italia?
Cerchiamo di migliorarci costantemente con corsi di aggiornamento e condividiamo tante informazioni. Ci sono diversi maestri che si stanno impegnando: c’è Spector che ha insegnato a tutti, Ariel Mogni che studia tantissimo, Teo Savoldi, Vinicius Trevisan e altri ancora. E parlo solo di Milano che è la realtà che vivo quotidianamente. Il livello stia crescendo mese dopo mese, anche se siamo ancora troppo pochi.

Molti sostengono che sia necessario andare in Spagna per diventare buoni maestri?
È molto utile. Ci sono stato qualche volta e ho sempre imparato qualcosa di importante. In Spagna si gioca il miglior padel del mondo ed è normale tornare con qualche conoscenza in più per insegnare meglio.

«Il padel maschile è super spettacolare ma non si può imitare lo smash di Lebron o la cuchilla di Paquito. Quello femminile è più umano e si notano aspetti tattici da cui imparare»

A un giovane che vuole cominciare la carriera di maestro, consiglieresti il mondo del padel o del tennis?
Padel al 100%: si guadagna meglio e fisicamente è meno logorante, quindi si riesce a essere più performanti per un periodo di tempo lungo. La mia giornata tipo comincia sul campo alle 8 o 9 del mattino fino alle 14 con lezioni quasi sempre singole o doppie; poi ricomincio dalle 16 o 17 fino alle 22, con lezioni doppie o con tre giocatori. Un anno e mezzo fa avevo solo principianti, ora il livello si sta alzando molto in fretta. Certo, come coach, girare i tornei con un atleta agonista è più divertente.

Lezione singola, in coppia, in tre, in quattro…
Dipende dagli obiettivi dell’allievo: in generale, consiglio di fare le prime lezioni singolarmente per migliorare la tecnica, poi quelle in coppia o con più giocatori per simulare ciò che avviene in partita e scoprire alcuni aspetti tattici fondamentali. Poi c’è chi vuole semplicemente divertirsi facendo un bel match, senza pensare troppo all’aspetto tecnico-tattico.

Come si può sviluppare una scuola padel?
I ragazzini sono la base e quindi bisogna metterci impegno e dedizione. Chi arriverà per primo a rappresentare l’Italia in un tabellone principale del World Padel Tour? Chi adesso è ancora un bambino perché serve tempo per sviluppare una certa qualità di gioco. Senza Covid, avrebbero già aperto tante scuole padel: ho lavorato con diversi ragazzini e tutti hanno chiesto di continuare perché il padel è molto divertente.

Esiste un protocollo per l’insegnamento ai più piccoli?
Ci sono ancora troppe poche informazioni. Ho letto qualche libro e sfruttato certe conoscenze della mia esperienza nel tennis che ho adattato al padel. I processi sono abbastanza simili, a partire dalla divisione degli spazi per creare campi di misure adatte ai bambini. 

Fra cinque anni il padel avrà più praticanti del tennis?
Fra cinque è difficile, fra dieci è possibile. Il tennis ha tanti praticanti…

Nel padel manca un po’ l’aspetto professionistico e la voglia dei ragazzi di imitare i fuoriclasse: la smorzata alla Federer, il dritto alla Nadal…
In compenso ci pensano gli adulti che vogliono provare a fare il por tresdi Lebron! Perché i ragazzini comincino a conoscere i fuoriclasse del padel c’è bisogno dei media e della televisione in particolare. Per questo i match del World Padel Tour trasmessi su Sky sono stati una promozione straordinaria. Io uso spesso i video durante le lezioni e cerco di spiegare chi sono i più forti giocatori del mondo. E poi tornano utili i genitori: i ragazzi che stanno cominciando a giocare, quasi sempre hanno un genitore appassionato e portare un po’ di padel in casa può fare solo bene. 

Mauricio Lope Algarra è il coach della numero uno d’Italia, Giulia Sussarello

Sei anche coach di Giulia Sussarello, metà della coppia più forte d’Italia con Chiara Pappacena: come procede il vostro progetto tecnico?
Molto bene. Abbiamo cominciato circa tre anni fa quando è stata convocata per gli Europei ma non aveva un allenatore e mi ha chiesto di allenarla per qualche settimana. Ci siamo trovati bene e il progetto è proseguito, al punto che per un periodo abbiamo avuto anche una relazione sentimentale.

Quanto è stato difficile recitare entrambi i ruoli?
Succede di avere opinioni diverse sul gioco e un conto è cazziareuna giocatrice e un altro la fidanzata! Bisogna farlo ma è difficile cominciare una discussione che inevitabilmente ti accompagnerà anche a casa. Ho imparato tanto su come gestire queste situazioni, sia come coach sia come partner.

Quanto cambia allenare uomini e donne?
Sono due storie diverse. Le donne ti seguono di più, fanno quello che chiedi, hanno totale fiducia. Però, a livello emozionale, se è successo qualcosa nella loro vita privata, ti devi inventare di tutto per tenerle concentrate sull’obiettivo. Gli uomini, quando entrano in campo, lasciano fuori tutti i problemi. Però è più difficile inquadrarli perché tendono a fare i fenomeni… In questo momento preferirei allenare le donne perché ho trovato la chiave per essere più incisivo.

Dove possono arrivare Giulia e Chiara?
Credo possano tranquillamente arrivare nelle prime 50 giocatrici del mondo.

Quanto cambia il padel tra Italia e Spagna?
Noi giochiamo sempre colpi veloci, loro solo quando serve! E poi sono molto regolari. Prendi il lob: noi li alziamo bene ogni tanto, loro ci riescono sempre, anche in risposta. Con gli spagnoli è difficile mantenere il controllo della rete, perché ti spingono indietro e sanno usare tutte le zone del campo in maniera perfetta.

I giocatori spagnoli possono avvalersi di strutture più accoglienti, coach meglio preparati, risorse maggiori: pensi che il gap possa perfino allargarsi?
In campo femminile sta diminuendo e il fatto che l’anno scorso anche Casali e Orsi si siano qualificate per un tabellone principale del WPT ne è la dimostrazione. Con gli uomini servirà tanto tempo. Un cuadro principallo conquisteranno i ragazzi della prossima generazione. Simone Cremona, che è un nostro top player, attualmente può vincere un paio di partite in pre-qualificazione ma difficilmente andare oltre.

«Federer e Nadal si allenano seriamente a padel per un anno e sfidano Bela e Sanyo: come finisce il match? Bela e Sanyo vincono facile, direi 6-2 6-1»

Nello sport esistono le componenti tecniche, tattiche, fisiche e mentali: come le divideresti in percentuale di importanza nel padel?
Difficile… il padel sta diventando sempre più fisico perché i campi sono più rapidi e quindi l’aspetto atletico è probabilmente più determinante rispetto alla tecnica. Volendo metterli in ordine direi tattica, fisico, mentale e tecnica. Ma solo perché, a certi livelli, tutti sono dotati di una buona tecnica.

Il padel è sport di coppia: come si insegna a giocare col compagno?
È tra le primissime cose che bisogna insegnare e che qualche volta ci si dimentica nella lezione singola. Io cerco di preparare degli esercizi che tengano conto anche del fatto che tra compagni bisogna parlarsi durante lo scambio per fare le scelte giuste. Per esempio, dalla Spagna ho appreso un tip: a seconda della profondità del colpo, dico un numero e, in base a quello, l’allievo deve compiere una determinata scelta. Nel padel un giocatore deve trasformarsi negli occhi dell’altro. Infatti, quando gioco una partita con un mio allievo, mi basta dirgli un numero e lui sa già cosa fare.

E quanto è fondamentale l’aspetto psicologico nel rapporto con il proprio compagno di gioco, visto che si possono avere atteggiamenti diversi?
Il coach deve essere anche psicologo e dipende dal percorso che si intraprende con gli allievi. Se c’è la possibilità di lavorare con una coppia fissa con una certa regolarità, allora si possono introdurre anche questi argomenti che non sono per nulla banali, soprattutto a livello professionistico.

A livello di club e potendo scegliere, meglio tenere sempre lo stesso compagno o cambiare spesso e imparare ad abituarsi a soluzioni diverse?
L’affiatamento, sia tecnico sia psicologico, è un fattore determinante, quindi direi che mantenere lo stesso compagno può rappresentare un bel vantaggio, una volta trovata la giusta alchimia. Ci sono meccanismi che, cambiando compagno, andrebbero sempre rivisti.

Si impara di più dagli uomini o dalle donne?
Il padel maschile è super spettacolare ma non si può imitare lo smash di Lebron o la cuchilla di Paquito. Quello femminile è più umanoe si notano aspetti tattici da cui imparare.

Dove ti vedi fra cinque anni?
Sempre impegnato come coach, sperando di essere spesso su una panchina del WPT. E poi avere un mio centro padel.

Federer e Nadal si allenano seriamente a padel per un anno e sfidano due top player del World Padel Tour, tipo Bela e Sanyo: come finisce?
Bela e Sanyo vincono facile, direi 6-2 6-1.

Sempre Bela e Sanyo contro due top player azzurri come Simone Cremona e Michele Bruno: score?
6-0 6-0

Cremona e Bruno contro due top… giocatrici del World Padel Tour, tipo Ari Sanchez e Alejandra Salazar: chi vince?
Cremona e Bruno, 6-2 6-2.

E Pappacena e Sussarello contro Sanchez e Salazar?
Sara e Chiara perderebbero senza essere travolte: immagino scambi lunghi, però vincere i punti è un’altra storia.