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LIFESTYLE

Panther, a brand with a mission

Definire lo stile di una coppia di padelisti: è questa la sfida raccolta da un nuovo brand nato in quell’Emilia che è spesso sinonimo di creatività e bien vivre. Una collezione super completa e made in Italy: «Prodotto perfetto e immagine bellissima: così vogliamo convincere gli appassionati a scegliere Panther»

di Lorenzo Cazzaniga

19 giugno 2023


Ci sono la Ferrari e la Maserati, la Lamborghini e la Ducati. E pure la Barilla, che essere la pasta più amata dagli italiani è tanta roba, come dicono i teen-ager. Tra Modena e Bologna c’è il bello dell’Italia, la creatività e il bien vivre. In questo contesto è stato creato Panther, un nuovo brand di abbigliamento dedicato al padel (e dintorni) che è stato lanciato con una mission ben precisa: definire uno stile per il padelista. Uno sforzo di quattro imprenditori emiliani (Simona Cavani, Paolo Mattioli, Gabriele Marasmi e Roberto Palmarini) che credono fermamente in questo progetto e nelle potenzialità dell’universo padel, ancora vergine in questo settore e che potrebbe offrire soddisfazioni sorprendenti.

Come nasce l’idea di lanciare un brand come Panther?
Paolo. Dalla voglia di quattro imprenditori che hanno formazione e competenze diverse, ma in comune la passione per il padel, uno sport che ha stimolato l’interesse che avevamo nel settore dello sportswear. Così, un anno fa, abbiamo deciso di concretizzare queste idee di base che si sono trasformate in un progetto strutturato. Perché, sia chiaro, Panther non è un’iniziativa improvvisata, ma una scelta ponderata, con alle spalle una profonda ricerca dei materiali per ottenere un prodotto made in Italy di altissima qualità, con una collezione completa e una proposta molto forte nel mondo femminile, spesso trascurato nel mondo dello sport.

Qual è la caratteristica principale della collezione Panther?
Paolo. Amiamo il padel e quindi ci siamo lasciati trascinare in alcune scelte tecniche per soddisfare le richieste di comfort di un giocatore esigente, pur rimanendo trasversali: si parte dal padel, ma si trascende in altri campi, con le adeguate evoluzioni e trasformazioni. Infatti abbiamo già creato una linea off court da indossare nel post-match perché vogliamo vestire un atleta tout court.

Con un background tutto made in Italy.
Gabriele. Il territorio nel quale siamo cresciuti, l’area tra Modena e Bologna, è una fucina creativa e propositiva. Panther è un’iniziativa coraggiosa perché non è facile scegliere la realtà dei produttori italiani; per fortuna il nostro presidente, Simona, ha un carattere notevole e ha creato una filiera di altissimo livello.

«Siamo come dei maestri pasticceri, cerchiamo gli ingredienti migliori e li lavoriamo come si deve. Prodotto perfetto e immagine bellissima, con questo mix vogliamo convincere l’appassionato a scegliere Panther»

Perché, fra i tanti sport, avete scelto il padel?
Paolo. Panther nasce da un insieme di visi e di espressioni, maschili e femminili, perché il padel rappresenta un modo molto piacevole di vivere lontano dagli impegni di lavoro. La differenza con altri sport è l’attitudine con la quale si affronta il match e il post-match: mai un sentimento negativo. Il padel rappresenta i nostri valori e il desiderio di stare bene insieme e infatti non è un caso che sia esploso in un momento difficile della nostra vita come quello della pandemia.
Gabriele. Il padel è uno sport trasversale e inclusivo, che può praticare chiunque indipendentemente dalle sue qualità atletiche ed emotive. Noi vogliamo raggiungere tutta la community, da chi svolge attività agonistica a chi interpreta lo sport come puro entertainment.

Cos’è il padel per voi?
Paolo. Sono il giocatore del gruppo, ex tennista alla Virtus. Il padel è l’espressione del bien vivre, è lifestyle e comfort: Panther vuole rappresentare quello. Tutti parlano di cambiare pala, scarpe e campi ma in pochi dell’abbigliamento. Invece una squadra di calcio ha quattro divise che sono la sua immagine e che rivestono un significato importante. Io e Simona abbiamo un ufficio di rappresentanza nel settore dell’abbigliamento sportivo e fashion tra i più importanti in Italia e quello che abbiamo notato nel padel è che manca attenzione verso questo segmento. Vorremmo aiutare i padelisti a essere più belli e trovare un loro stile perché si può essere fashion anche dentro questi quattro vetri.

Cosa differenzia Panther rispetto agli altri brand?
Paolo. Se lasciamo fare il tiramisù a Gino Fabbri, ne escono dieci perfetti su dieci; se ci proviamo noi, ne facciamo uno buono e nove così così. Ecco, nel nostro settore siamo come dei maestri pasticceri, cerchiamo gli ingredienti migliori e li lavoriamo come si deve, al punto che abbiamo scelto uno dei migliori uffici stile d’Italia per ottenere una vestibilità ideale. Se ti sei piaciuto indossando un certo completo, lo metti in lavatrice e la volta successiva ripescherai sempre quello perché l’essere umano cerca sempre di trovare delle sensazioni positive. Dunque, prodotto perfetto e immagine bellissima, con questo mix vogliamo convincere l’appassionato a scegliere Panther.

Chi è il padelista che amerà il brand Panther?
Gabriele. Un melting pot perché il padel è uno sport per tutti. Abbiamo una linea minimal per chi ama lo stile classico e una più aggressiva per chi vuole essere più appariscente. E poi una collezione per la donna di assoluta qualità. La community è eterogenea e il padel un movimento in piena espansione, quindi la proposta deve essere inevitabilmente trasversale.
Paolo. Panther si differenzia da tutto quello che c’è perché ragiona di coppia, come accade in campo. Vogliamo che la coppia si senta bella e che i negozianti siano gli ambassador di questo nostro sentimento: il padel deve essere di tutti.

«Per noi è molto importante l’approccio diretto con i negozi: è un percorso più lento ma sicuro e affidabile. Non vogliamo solo il grande influencer che lega il suo nome al marchio, ma costruire la nostra identità con basi solide»

Perché la scelta di una pantera come logo?
Paolo. La pantera rappresenta entrambi i sessi in un mondo, quello dello sport e anche del padel, ancora molto maschile. Panther è bello per un uomo e una donna, altrimenti si creano categorie e barriere. Come dice Zuckerberg, Non esiste niente di nuovo, ma bisogna prendere quello che c’è e farlo meglio, all’interno delle proprie idee. Un brand americano nato dieci anni fa, Lululemon, ha costruito una linea per donne incinta che facevano yoga e pilates, ora è la terza azienda di abbigliamento al mondo per fatturato. Ed è partita dalle donne, prima di arrivare all’universo maschile. Il mondo del tessile è ancora nelle mani delle donne e noi desideriamo che siano proprio loro a sentire vicino questo marchio. Crediamo fortemente nelle donne che per molti aspetti sono più organizzate e appassionate.
Gabriele. Abbiamo una visione non solo nazionale e quando decidi un nome devi fare delle valutazioni di marketing, di riconoscibilità, di facilità nel memorizzarlo. La pantera è un animale aggressivo ma dalle movenze eleganti e che riassume tante caratteristiche. Abbiamo creato anche un logo specifico perché siamo ambiziosi e nel tempo vorremmo che fosse identificato e distinto dal nome.

A livello distributivo, come verrà proposto il brand?
Paolo. Abbiamo aperto il nostro e-commerce e ci rivolgiammo ai negozi di riferimento del mondo padel, oltre a una serie di grandi catene sportive dove abbiamo ottimi rapporti con i buyer che si sono dimostrati entusiasti di questo progetto. C’è chi si inventa quattro magliette e una stampa e pensa di aver creato una linea di abbigliamento, noi invece abbiamo fatto investimenti molto importanti e ognuno ricopre un ruolo significativo. Non ho mai visto nessuno investire poco e guadagnare tanto. Noi per adesso abbiamo investito tanto e il mercato vedremo se ci darà ragione. Però è un progetto che parte con basi solide.

I fondatori del brand Panther: Simona Cavani, Gabriele Marasmi, Roberto Palmarini e Paolo Mattioli

Quali sono gli obiettivi nel breve e medio periodo?
Gabriele. Abbiamo appena lanciato il brand a Padel Trend Expo e fatto un’analisi previsionale con un budget stimato per i prossimi due anni. L’Expo è stata un boom, i primi riscontri sono ampiamente positivi e per noi è molto importante l’approccio diretto con i negozi: è un percorso più lento ma sicuro e affidabile. Non vogliamo solo il grande influencer che lega il suo nome al marchio, ma costruire la nostra identità con basi solide.

Cosa vuole rappresentare Panther nel mercato del padel?
Paolo. Essere un oggetto del desiderio. Spesso le aziende vogliono vendere, a noi piacerebbe essere comprati. Una grande differenza nel perseguire lo stesso obiettivo. Brand, brand, brand: il risultato finale è essere cercati e poi acquistati. Chiaramente alla base serviva un prodotto perfetto e per questo in un anno abbiamo prodotto duemila campioni da far testare. E chi l’ha provato, ancora oggi lo indossa. Vogliamo regalare le emozioni che anche un capo di abbigliamento può dare.

«Vogliamo diventare un oggetto del desiderio. Spesso le aziende vogliono vendere, a noi piacerebbe essere comprati. Serviva un prodotto perfetto e per questo in un anno abbiamo prodotto duemila campioni da far testare…»

Quale ambassador può essere adatto?
Paolo. Con il nostro direttore creativo siamo giunti alla conclusione che attualmente dobbiamo riferirci a un melting pot di persone. Oggi è prematuro legarsi a un testimonial specifico che comunque dovrà rispecchiare i vostri valori.

Quanto è diverso il mondo del padel dagli altri sport?
Paolo. Il tennis è rigore, basti pensare alle rigide regole di Wimbledon o al fatto che tanti ancora utilizzano la polo, mai vista su un campo da padel. In realtà, credo che il settore dell’abbigliamento tennis stia cercando di prendere spunto dalla giocosità del padel.
Gabriele. Il padel viene spesso accostato al tennis ma sono due mondi molto differenti. E poi il padel è uno sport di coppia, anche se nella stragrande maggioranza dei casi non c’è armonia nel look dei due giocatori. Ecco, il nostro prodotto è pensato per creare una coppia: anche questo aiuta a trovare una maggior sintonia in campo.

«Nel padel non esiste ancora uno stile e noi vogliamo aiutare a crearlo. Anche pensando alla coppia»

Questo concetto è molto bello: si arriverà dunque a vendere un package per la coppia?
Paolo. Abbiamo creato la collezione proprio seguendo questo percorso e anche nel caso di una coppia mista perché si può vestire un pantaloncino che si abbina al gonna o al leggins della tua compagna. Il match dei colori e i pantoni sono gli stessi: donna, uomo, bambino, parte sopra, parte sotto, non c’è nulla di scollegato.

In uno sport così trasversale come il padel, quanto è difficile creare una linea dedicata?
Paolo. È stimolante perché gli unici binari sui quali ti devi muovere sono determinati dalla tua fantasia e dallo stile che vuoi rispettare.

Sui campi da padel si vedono giocatori che indossano maglie da calcio, da basket, t-shirt anonime e molti pensano: «Vuoi non trovare nell’armadio una maglietta con cui giocare?».
Gabriele. Vero, però tra i cento pantaloncini che trovo, alla fine pesco sempre lo stesso perché mi offre maggior comfort, una miglior vestibilità e una certa tecnicità, caratteristiche tipiche del made in Italy. Nel padel non esiste ancora uno stile e noi vogliamo aiutare a crearlo.
Paolo. Qualche anno fa, chi decise di installare sette campi era considerato un pazzo scatenato e adesso ha una miniera d’oro. C’è una tendenza chiara in Europa, quella di una middle class, con punte verso l’alto, con uno stato sociale e culturale che permette di apprezzare il bello e il comfort: questa è la richiesta che vogliamo soddisfare. Se esci una sera, ti piace vestirti bene per sentirti a tuo agio, lo stesso dovrebbe accadere quando si entra su un campo da padel.

Volendo riassumere in un claim lo stile Panther?
Paolo. Less is more. Abbiamo fatto una scelta ben precisa di qualità e di stile, non vogliamo essere mass market. La nostra prima collezione deve essere Never Out of Stock, rimarrà viva per molto tempo perché ci identifica chiaramente.  Il nostro brand di riferimento è Stone Island e noi vogliamo diventare quello per il mondo del padel.

Quanto è ricca la collezione?
Gabriele. Centocinquanta pezzi, con una forte presenza femminile. E la collezione tecnica si sposa perfettamente con quella sportswear.