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9 cose che un giocatore di club ha imparato dal Premier Milano
PADEL EXPERIENCE

9 cose che un giocatore di club ha imparato dal Premier Milano

Una settimana di pura passione vissuta in tutte le aree del Premier Padel ha insegnato una serie di cose: le differenze tra padel maschile e femminile, i consigli di Gus, lo scarso divismo (per adesso) dei top players, la presenza di tanti Vip dello sport e la mancanza (ahinoi) di giovani appassionati

di Corrado Erba


Una settimana vissuta intensamente all’interno dell’Allianz Cloud, tra campi e tribuna stampa, stand commerciali e la tanto ambita Casa Padel. Alla fine, dopo qualche decina di ore passate a osservare padel, ammirare i fuoriclasse, abbeverarsi di consigli dai top coach, maneggiare nuovi modelli di racchette e scarpe e ascoltare migliaia di opinioni su qualsiasi faccenda legata al padel, ecco dieci cose che ho imparato.

01. I professionisti (maschi) sono dei marziani. Nonostante l’amico scettico («Quello smash lo tiro anch’io a Tolcinasco!»), basta vedere un qualsiasi scambio per capire che fanno un altro sport, anche solo pensando a un giocatore fuori dalla top 50 mondiale: volée fantascientifiche, riflessi da gatto, lob millimetrici e soprattutto un’infinità di recuperi irreali. Invece le professioniste (femmine) sono ideali per imparare perché svelano un padel più umano: morbidi lob, bandeja in controllo e vibore ben piazzate piuttosto che tirate a 200 km/h. Giocano a velocità più sostenibili che consentono di capire la tattica di gioco e la chimica della coppia. Ma non illudetevi, anche il vostro amico Playtomic 6.0 contro di loro non vincerebbe un game.

02. Il tour del padel non è (ancora) arrivato ai divismi di tennis, calcio e altri sport più conosciuti. Il vostro eroe lo potete trovare nella pizzeria dietro al Palalido, disponibile a fare foto e quattro chiacchiere. Gli avvistamenti a Milano sono stati molteplici: Lebron che si divora una bistecca argentina o Paquito che pilucca un’aragosta innaffiata di Coca-Cola, presso un noto ristorante à la page.

03. Giocare sul campo centrale o sul numero 1 non era impresa impossibile anche per il giocatore di club. Molti brand hanno messo in palio decine di posti per tirare due palle, bastava fare un giro per gli stand e tenere orecchie e app aperte.

04. I primi giorni sono ideali per i famelici del gioco: molte partite, tutti i campioni in campo, clima rilassato, controlli pressoché inesistenti. Facile piazzarsi tutto il giorno in primissima fila, a sentire i respiri di Bela e i gemiti di Chingotto.

05. La tv non rende. Basta entrare al Palalido, vetusto ma con una visibilità invidiabile, buttare un occhio e anche lo scettico si rende conto di come la tv schiacci le prospettive, nasconda le traiettorie e lasci pensare che certe prodezze non lo siano così tanto.

06. Il campo da padel del circuito Premier Padel, con somma sorpresa, è molto simile a quelli che si trovano nei migliori club italiani, quelli che si affidano alle migliori aziende. Alcuni dettagli: i vetri restituiscono tantissimo il rimbalzo (a un certo punto, uno spettatore poco avvezzo a gioco è stato invitato cercare un por tres e quasi riesce a far tornare lo smash nel suo campo). La superficie è nuovissima e quindi grippa tanto, senza rischi di scivolate pericolose. E poi è un modello superpanoramico, tutto vetri, per facilitare la visione televisiva. Ecco, giocare su un campo top è una bella sensazione.

07. Gli sportivi, segnatamente i calciatori ma anche pallavolisti e cestisti, sono fanatici di padel. E così si sono viste torme di ex juventini/milanisti/interisti non perdersi uno scambio, ex pallavolisti discernere su quanto una vibora fosse potente e campioni di basket (cioè l’amico Hugo Sconochini) ormai felicemente traslati dal basket al padel.

08. Se volete (veramente) imparare qualcosa sul padel, sedetevi di soppiatto vicino a Gustavo Spector, mettetevi lì e origliate i suoi commenti: alla fine vi verrà voglia di pagargli la lezione.

09. Sembra che i bambini non abbiano ancora scoperto il padel. Niente comitive di scuole ten… pardon padel, allegramente chiassose. Niente baraonda di mocciosi con le palle in mano a caccia di autografi. Nessuno che si accalca sui gradini quando il match sta per finire per acchiappare un selfie. Eppure sono la garanzia di un futuro prospero: quando qualcuno comincerà a capirlo?

Post scriptum: un’idea da buttare lì agli organizzatori: perché non istituire un Kid’s Day il mercoledì? Entrata libera agli under 18, partnership dei club affinché portino gli allievi delle scuole padel (che speriamo crescano) e coinvolgimento di Milanosport e del Comune perché le scuole elementari e medie possano vivere una mattinata/pomeriggio di sport. E riempire le tribune di giovani.


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