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Il pagellone del Premier Padel Milano
CIRCUITO INTERNAZIONALE

Il pagellone del Premier Padel Milano

Dopo un’intensa settimana vissuta al Premier Padel Milano, ecco tutti i voti ai protagonisti: da Stupa al Presidente Carraro, dal pubblico milanese alle pari opportunità, dalla programmazione ai puntazos…


Franco Stupaczuk: voto 10
Quando ricevi il titolo di MVP del torneo senza averlo vinto, vuol dire che sei stato davvero il più forte di tutti. Impressionante in ogni zona del campo, ha pagato un filo di stanchezza nell’ultima parte della finale, quando lo smash ha smesso di essere così efficace. Un giocatore totale e una persona molto schietta e diretta.

Bea Gonzalez: voto 10
In questo momento è la miglior giocatrice al mondo e il ranking è destinato presto a premiarla. MVP per distacco del torneo, è anche la più spettacolare: intensa, atleticamente è una spanna sopra tutte, gioca un padel moderno e aggressivo. Super!

Puntazos!: voto 10
Come mi ha suggerito un amico: «In ‘ste partite c’è un miracolo a ogni scambio». Ecco un paio di esempi.

Luigi Carraro: voto 10
Come chiunque ricopra certi ruoli (nel suo caso, Presidente della Federazione Internazionale), può avere amici e nemici, estimatori e oppositori, però ha un merito innegabile: con il circuito Premier Padel ha avuto una visione unica ed è stato capace di trovare nel fondo qatariota QSI il miglior partner possibile. Nel 2024 avremo un circuito unico e globale: passare da Reus, Vigo, Granada al Foro Italico e Roland Garros è stato sorprendente e il circuito Premier è destinato a diventare l’ATP del padel, raggiungendo le città più importanti al mondo. Se quattro anni fa, qualcuno avesse annunciato pubblicamente un programma del genere, gli avrebbero infilato la camicia che si allaccia dietro…

Ale Galan: voto 9
Sta vivendo un periodo di forma straordinario: dall’alto è devastante e, lasciato più tranquillo di esprimersi dal suo compagno, si vede che gioca con maggior serenità. Il più elegante nei gesti, è un giocatore di una completezza unica.

Punto de oro: voto 8
La speranza è che Premier Padel segua l’esempio del World Padel Tour e lo introduca dalla prossima stagione. Fin qui non è successo perché era necessario accontentare i giocatori nella lotta tra circuiti e i più forti non amano il punto de oro perché riduce il margine di sicurezza. Però, al contempo, aiuta a ridurre anche i tempi di gioco che possono risultare eccessivi e aumenta l’adrenalina negli spettatori. Speriamo che il buon senso prevalga sulla volontà di accontentare i giocatori: fans first, se un circuito vuole crescere.

Paquito / Chingotto: voto 8
I preferiti dal pubblico: Chingotto perché deve combattere contro alieni che misurano due spanne più di lui; Paquito perché è uno di noi, hamburger e birretta a fine match. Lo slava un talento sconfinato: fin quando il fisico ha retto, hanno sofferto pure Galan/Lebron.

Isla Padel: voto 8
La canzone dedicata al padel di Junior Cally (co-autore, Gianluigi Bagnulo di Sky Sport) è un rap molto piacevole, con rime azzeccate che coinvolgono tutti i top players. Un inno che ci ha accompagnati per una settimana. Top!

Juan Lebron: voto 7
Ancora non è il vecchio Lebron, quello che spaccava in due le partite. Anche lui ha ammesso di dover recuperare quello smash che un tempo tirava anche dalla linea del servizio (pur se in finale è stato più efficace rispetto alle ultime apparizioni), però si è dimostrato un grande lottatore. Probabilmente è consapevole che in questo momento il direttore d’orchestra è Galan e sta recitando un ruolo diverso, più da rifinitore che da goleador. Vive con grande partecipazione questo momento e forse l’idea di separarsi da Galan lo sta caricando di forti emozioni.

Pubblico: voto 7
Il sold out si è registrato solo per la giornata delle finali e il dato comunicato di oltre 30.000 spettatori nella settimana appare un po’ ottimistico. Sicuramente le presenze sono state inferiori, anche rispetto alla scorsa edizione, ma non certo per mancanza di spettacolo. Semplicemente, il Ponte dell’Immacolata (+ Sant’Ambrogio per i milanesi) è un competitor molto forte. Resta da risolvere il problema dei primi quattro giorni dove è complicato attirare spettatori paganti e ancora manca una base di giovani a cui rivolgersi. Ma è solo questione di tempo e di presa di coscienza (e comunque, chi avrebbe immaginato solo tre anni fa che un torneo di padel avrebbe attirato migliaia di persone in un palazzetto a Milano?).

Area commerciale: voto 6
C’è voluto l’intervento di qualche espositore scontento per migliorare la viabilità e permettere agli spettatori di sapere che c’erano stand che offrivano la possibilità di vedere (e comprare) alcune delle ultime novità del settore (in particolare Adidas, Babolat, Bullpadel, Head, Kuikma, Nox, Wilson, grazie anche alla presenza di un major sponsor come Decathlon). Però si può e si deve fare meglio visto l’investimento di alcuni brand, anche se la location non è un bijoux per questo tipo di attività.

Palalido: voto 6
Una media tra il 10 per lo spettacolo del campo centrale e la visibilità che offre e il 2 per le facilities intorno. Il Palalido, al secolo Allianz Cloud, è stato inaugurato nel 1961, quindi ristrutturato nel 2019. L’allestimento del campo centrale è tra i più belli del circuito, ma intorno è pura desolazione e creare un village accogliente per sponsor, espositori e appassionati è francamente una mission impossible. Con le Olimpiadi di Cortina/Milano 2026, ci sarà un nuovo palazzo dello sport nel quartiere Santa Giulia che potrà diventare una casa ben più accogliente (e i lavori procedono secondo programma, stando a quanto ci ha confermato l’Assessore allo Sport di Milano, Martina Riva).

Fernando Belasteguin: voto 6
Resta il giocatore più carismatico, anche se qui ha dovuto abbandonare per un problema fisico. L’annuncio che il 2024 sarà il suo ultimo anno da professionista ha fatto scoppiare in lacrime perfino il suo compagno, Mike Yanguas. L’immagine più bella l’ho vissuta personalmente: sabato mattina, ore 7.50, nebbia e freddo. Sono all’ingresso del Pallaido, in attesa che qualcuno apra il cancello per partecipare all’evento lancio della nuova scarpa Wilson Bela Tour. Con me, un paio di colleghi. Da lontano avvisto un tipo infreddolito: è Bela: «Oh, forse dobbiamo fare il giro per entrare» mi dice. Mitico.

Giocatori/giocatrici italiani/e: voto 6-
È andato tutto secondo pronostico: le tre coppie maschili fuori all’esordio, due femminili che hanno passato un turno. Il meno è perché nel torneo di casa ti aspetti un mezzo exploit: almeno una delle tre coppie maschili avrebbe potuto strappare un set, mentre Carolina Orsi (in coppia con la spagnola Carla Mesa) ha buttato via un tie-break già vinto contro Sainz/Llaguno. Si cresce piano piano, ma tutti gli addetti ai lavori sono concordi nel pensare che per avere qualcuno in grado di puntare al vertice, serve aspettare un’altra generazione. E potrebbe non bastare. L’anno prossimo, con un unico circuito, avremo le idee più chiare.

Programmazione: voto 4
Probabile che manchi ancora esperienza. Nella giornata di venerdì sono stati programmati otto match sul campo centrale e inevitabilmente l’ultimo è finito alle due del mattino (senza considerare che la sera era stato programmato un solo match maschile contro i tre del pomeriggio: fortuna che Momo e Tapia hanno dato spettacolo). Ma poteva anche finire peggio. E sempre alle due del mattino (del sabato) è stato comunicato un cambio di programmazione tra semifinale maschile e femminile del pomeriggio. In più, sono state programmate solo quattro ore di distanza tra le prime due semifinali e le successive: molti hanno atteso oltre un’ora fuori dai cancelli (e l’area del Palalido non è tra le più accoglienti), ma poteva finire molto peggio  se Ari Sanchez e Paula Josemaria avessero sfruttato le loro occasioni nel secondo set. Insomma, una programmazione rivedibile.

Pari opportunità: voto 4
Si è discusso tanto della disparità di montepremi tra torneo maschile e femminile. Abbiamo già spiegato qui il nostro pensiero, avallato da quanto si è visto all’Allianz Cloud: le donne esprimono un padel straordinario e più idoneo a insegnare qualcosa ai giocatori amatoriali. Tuttavia, l’appeal è decisamente inferiore. Le giocatrici devono esserne consapevoli (e molte lo sono, al di là della convenienza di certe dichiarazioni) e accettare uno status che attualmente non è paragonabile al circuito maschile.

Arbitri: voto 3
Con l’aumentare dei prize money, cresce anche la competitività dei match e le difficoltà degli arbitri, peraltro poco supportati dalla tecnologia. Ci sono state sviste clamorose, punteggi invertiti, decisioni poco comprensibili. Nei primi giorni ci è piaciuta tanto Virginia La Gatta perché non si limitava ad annunciare lo score e lasciare che fossero i giocatori ad arbitrarsi da soli, come spesso accade. Sono volati over rule e racket abuse. Nella finale maschile, prima è stata brava nel chiamare in diverse occasioni il saque alto, il servizio alto (ricordiamo che l’impatto deve avvenire sotto l’altezza delle anche), prima a Galan, poi a Di Nenno, infine a Stupa. E non una volta, ma a ripetizione. Tanti giocatori si lamentano di questo fallo e quindi servono arbitri che lo segnalino per evitare il mal costume. Poi però, è andata nel pallone a metà secondo set. Prima non ha visto una volée lunga di Di Nenno, il gioco è proseguito e Stupa ha chiuso un facile x4. A quel punto, sono partite le lamentele di Lebron e ne è uscita la salomonica decisione di rigiocare il punto: roba da torneo sociale perché nello sport professionistico, l’arbitro deve prendere una decisione e i giocatori si devono adeguare, anche fossero d’accordo diversamente. Infine, ha sbagliato a chiamare il punteggio (un vantaggio di Stupa/Di Nenno si era trasformato nell’opposto) e c’è voluto un forte richiamo del pubblico perché se ne accorgesse. È chiaro che gli arbitri hanno bisogno di fare esperienza e di ricevere qualche sostegno tecnologico per limitare gli errori, in un compito tutt’altro che facile.

Toto-coppie: voto 2
C’è un vizio tutto latino che ci spinge a farci gli affari altrui. Siamo morbosamente curiosi, ficchiamo il naso ovunque. Anche troppo. Nei primi giorni sembrava di stare al Gallia durante il periodo del calciomercato: Galan e Lebron rimarranno insieme? Con chi giocherà Bela l’anno prossimo? E Chingotto? E la Salazar? Troppi rumors e poco padel.

Conferenze stampa / 1: voto 1
Per la prima volta, un torneo si è concluso senza una conferenza stampa del direttore del torneo o del Tour Director (Adelf Aref, un tizio dall’aria simpatica: «Ah, journalist! Stai parlando del calendario 2024? Mmh, tre tappe in Italia? Ok. La terza a Cagliari? Ti posso dire che non sarà su un’isola». Poi abbiamo saputo che dovrebbe essere Genova). Visto che era l’ultima tappa di un circuito che l’anno prossimo sarà il principale riferimento globale, c’erano tanti temi da trattare e sarebbe stato opportuno avere al tavolo la proprietà, quindi FIP, QSI e PPA (l’Associazione Giocatori). A Milano c’erano i massimi rappresentanti di tutte le sigle, compreso Nasser Al-Khelaifi, ma non è stata organizzata nessuna conferenza stampa. Sono state comunicate solo alcune frasi di circostanza che non ha senso copia-incollare senza l’opportunità di un confronto. E dire che l’anno scorso il tavolo era stato ben apparecchiato, anche con diversi politici. Un’occasione persa per tutti e una figura non troppo brillante.

Conferenze stampa / 2: voto 0
Per quanto riguarda i giocatori, difficile che escano dai cliché, nei dieci minuti concessi a fine match, compresa la traduzione necessaria dallo spagnolo (ancora nessuno di loro parla inglese). Rimane la cattiva abitudine di non presentarsi in caso di sconfitta, un messaggio davvero mediocre. Pensare che Mbappé o Djokovic si presentano dopo aver perso una finale mondiale quella di Wimbledon e che certi padelisti la evitano dopo essere stati sconfitti nei quarti di finale di un torneo P1, fa capire quanto strada c’è ancora da percorrere per arrivare a considerarli dei veri professionisti.


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