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Il CT della nostra nazionale, Gustavo Spector, si racconta i giocatori ai quali si è affidato per ottenere un grande risultato ai prossimi Europei. E sulla presenza dei professionisti italo-argentini spiega perché sono cos’ importanti.
intervista di LORENZO CAZZANIGA
16 novembre 2019

Gli Europei a Roma sono l’appuntamento chiave della stagione per i nostri top players. L’Italia, date le assenze di Spagna e Portogallo, è la favorita, insieme ai francesi. Una chance enorme da giocarsi davanti alle telecamere di Sky e un’opportunità per far crescere in generale l’intero movimento. Ma cosa serve per far crescere il professionismo in Italia? Come possono aiutare i professionisti italo-argentini chiamati in nazionale. L’abbiamo chiesto al nostro CT, Gustavo Spector.

Gli Europei a Roma sono un grande evento, ma a che punto siamo con lo sviluppo di un vero circuito professionistico in Italia?
Bisogna crescere sotto questo punto di vista per avere dei giocatori pro e soprattutto creare nei più giovani il desiderio di poterlo diventare. Cosa serve per esserlo? Come per qualsiasi altro sport, bisogna potersi allenare come si deve per migliorare il livello: allenamenti per almeno quattro giorni la settimana di un paio d’ore ciascuno, preparazione atletica seria e la chance di competere a un livello più alto, contro giocatori che non si conoscono. Nel tennis, tutti possono accedere a informazioni dettagliate su almeno i primi 100-150 giocatori del mondo, nel padel è diverso. Ma giocare contro qualcuno che non conosci dovrebbe darti una carica speciale a livello emotivo e soprattutto sviluppare una qualità fondamentale: sapersi adeguare agli avversari. Se non li conosci, magari trovi qualcuno che ti gioca dieci colpi vincenti nei primi due game e credi di avere davanti il nuovo Belasteguin; poi ti accorgi che non è proprio così. Ma devi saperti adeguare. Invece in Italia non succede.

Perché?
Chi partecipa al nostro circuito, non si paga la trasferta nemmeno vincendo il torneo perché i montepremi sono troppo bassi. Così succede che giocano sempre gli stessi, come se fossero gli amici al circolo. Non è questo che serve per crescere di livello, anzi.

Cosa si potrebbe fare per ovviare a questo problema?
Dare la possibilità alla coppia vincitrice di un torneo Slam del circuito italiano e a un’altra scelta dal Comitato Padel di andare, a spese della federazione, ad allenarsi con giocatori più forti. E non da soli, ma accompagnati da un coach che possa seguirli e, a sua volta, fare un’esperienza che potrà trasferire ad altri coach e altri giocatori. Ovviamente, la destinazione non potrebbe che essere la Spagna. In cambio, la federazione chiederebbe di seguire un certo programma di allenamento per fare in modo che quelle trasferte non siano fine a se stesse ma possano offrire risultati concreti.

Il terzo match tra Italia e Francia agli Europei del 2017: sono le due nazioni favorite di questa edizione, vista l’assenza di Spagna e Portogallo

Il secondo step?
Abbiamo la fortuna di avere professionisti italo-argentini che giocano per la nazionale italiana e dovremmo ingaggiarli perché disputino alcuni tornei in coppia con un italiano. Ehi Tamame, devi dare la disponibilità per giocare tre tornei con un giocatore italiano: tu scegli gli eventi, la federazione il tuo compagno. In campo maschile, se una coppia italiana giocasse un torneo del World Padel Tour, forse vincerebbe una sola partita nella pre-previa, le pre-qualificazioni; se invece uno giocasse in coppia con un professionista italo-argentino, potrebbe giocare più match e a un livello più alto. Così sarebbe facile migliorare.

E infatti nella nazionale italiana ci sono alcuni italo-argentini.
Giocare in coppia con German Tamame o Andres Britos è una grande occasione per i top player azzurri: ai Mondiali dell’anno scorso, Michele Bruno, proprio in coppia con Britos, ha fatto match pari contro gli argentini Lamperti e Belluati, una coppia da top 10 del World Padel Tour. Senza un professionista di fianco, Michele non avrebbe potuto vivere quell’esperienza che l’ha fatto migliorare e maturare tantissimo. Lo stesso vale per Simone Cremona quando ha potuto giocare con Juan Manuel Restivo. Se metti insieme allenamenti regolari, trasferte in Spagna e match con compagni e avversari di livello superiore, è chiaro che si fanno passi avanti. E il progetto dovrebbe essere almeno triennale.

Con le donne sarebbe ancora più facile visto che, senza queste possibilità, Chiara Pappacena e Giulia Sussarello sono già entrate nella top 80 del ranking mondiale.
Immagina se avessero un coach che potesse seguirle in tutti i tornei, un preparatore atletico e la chance di capire meglio il gioco. Abbiamo ragazze che hanno un gran potenziale perché vincono anche se spesso giocano a caso! I match vanno analizzati con un buon coach perché servano da esperienza. Il padel può essere tatticamente complicato, infatti succede di vedere delle coppie nelle qualificazioni dei tornei del WPT tirare più forte dei top team: peccato che a padel non vince chi tira più forte. Però, se giochi sempre in Italia, sempre contro le stesse avversarie, come lo impari?

«Per alzare il livello, bisogna dare la possibilità alla coppia vincitrice di un torneo Slam del circuito italiano e a un’altra scelta dal Comitato Padel di andare, a spese della federazione, ad allenarsi con giocatori più forti. Accompagnati da un coach che possa seguirli e, a sua volta, fare un’esperienza che potrà trasferire ad altri coach e altri giocatori» Gustavo Spector
Riccardo mentre gioca a Padel
La nazionale italiana è formata da cinque giocatori azzurri, due italo-argentini e Marcelo Capitani che ormai possiamo considerare italiano a tutti gli effetti visto che da quattro anni vive a Latina ed è appena stato CT dei team giovanili impegnati ai Mondiali di Castellon, in Spagna. Pur non svolgendo più attività nel World Padel Tour, vanta ancora un certo gap nei confronti dei top player italiani.

Andare in Spagna è un’opzione sempre valida?
Assolutamente. In Spagna ti puoi allenare tutti i giorni con giocatori decisamente più forti. Io abitavo in una città distante 1.300 chilometri da Buenos Aires. Lì, insieme al mio compagno, in sette anni non abbiamo mai perso contro nessuno. Passati professionisti, siamo finiti a Buenos Aires: al primo torneo, arriviamo il giorno stesso del match e perdiamo 6-4 6-4, con la chiara sensazione di aver sprecato un’occasione. La volta successiva siamo arrivati due giorni prima e abbiamo perso in tre set; il giorno dopo, contro gli stessi avversari, abbiamo vinto al terzo, quello dopo ancora in due. Eravamo entrati in un ritmo di gioco a cui non eravamo abituati e ci vuole tempo per assimilarlo. I nostri giocatori devono fare lo stesso: se ti alleni con loro, conosci un padel diverso, che ti fa crescere. E, al ritorno, puoi continuare a lavorare su quegli aspetti.

In Spagna ci sono tante accademie di ottimo livello: come scegliere quella giusta?
Basta andare dove ci sono coach preparati. Però attenzione, c’è chi fa il Tour de Espana: una volta a Barcellona, un’altra a Madrid, poi Valencia, Valladolid… Sbagliato, perché gli allenatori sono sempre validi ma allenano con didattiche e visioni del gioco differenti. Meglio sceglierne uno e continuare su quella linea specifica. Anche solo una settimana al mese farebbe una grande differenza. E abbiamo anche la fortuna che Marcela Ferrari, CT della nazionale italiana femminile e per anni coach di Belasteguin, abbia una bella accademia a Barcellona che potremmo sfruttare meglio. L’anno scorso abbiamo organizzato un’amichevole e ha portato a giocare Agustin Tapia, ora compagno di Bela e grande protagonista del WPT.

Quanto costerebbe mettere in atto questo programma?
Circa trentamila euro.

E un’attività semi-professionistica per un singolo giocatore?
Con 400 euro al mese ti puoi allenare almeno quattro volte alla settimana per due ore con un buon coach; un preparatore atletico può costare 200 euro al mese per creare un programma personalizzato e seguirti quando possibile. Poi ci sono le trasferte: circa due al mese con relativi tornei in Spagna e negli Slam italiani. Con una cifra compresa tra i 1.500 e i 2.000 euro al mese potresti organizzarti un’attività agonistica seria. Nel tennis, queste cifre le spendono gli under 14.

«Un’attività semi-professionistica con quattro allenamenti settimanali con un buon coach, un preparatore atletico e due trasferte al mese con relativi tornei in Spagna e negli Slam italiani, costa tra i 1.500 e i 2.000 euro al mese. Nel tennis, queste cifre le spendono gli under 14. Però, fin quando chi partecipa al nostro circuito non si paga la trasferta nemmeno vincendo il torneo…» Gustavo Spector

Come vedi questi Europei per l’Italia?
Senza Spagna e Portogallo, è chiaro che Italia e Francia sono le nazioni favorite. Negli ultimi anni abbiamo affrontato i francesi tre volte: nel 2015 abbiamo perso 2 a 1, l’anno dopo abbiamo vinto con lo stesso punteggio e nel 2017 li abbiamo sconfitti nella finale per il terzo posto. Cos’è cambiato in questi due anni? Loro hanno quattro giocatori che vivono in Spagna e sei che giocano tutte le tappe del WPT. Recentemente Johan Bergeron e Jeremy Scatena hanno battuto i nostri Burzi e Cremona in due set non perché fossero tecnicamente più forti ma perché avevano un ritmo di match più alto. Un gap che attualmente facciamo fatica a colmare. Però con due professionisti italo-argentini come Tamame e Britos possiamo competere allo stesso livello.

Alcuni hanno mosso critiche proprio per la presenza di giocatori italo-argentini nella nazionale italiana: cosa rispondi come CT?
Beh, non li chiamo certo perché anch’io sono argentino! Capisco quelli che restano esclusi ma la presenza di questi professionisti è fondamentale per far crescere i top players italiani, in modo che possano allenarsi e competere a un livello più alto. Pensassi solo al risultato, potrei fare una squadra di soli italo-argentini perché ce ne sono diversi tra i primi 40 al mondo, ma voglio che la maggioranza continuino a essere giocatori che seguono il circuito italiano. Un mix di tre professionisti italo-argentini e cinque italiani è la soluzione migliore per tutti. E comunque, sia chiaro: questi professionisti italo-argetini non rubano il posto a nessuno, anzi ci permettono di progredire.

German Tamale, professionista italo-argentino, è il giocatore di miglior classifica della nazionale italiana

E allora presentiamo la nazionale italiana di padel, a partire proprio dal primo di questi professionisti italo-argentini, German Tamame.
Del nostro gruppo, è quello col miglior ranking mondiale, un giocatore di sinistra che porta tanta esperienza perché è professionista da oltre 15 anni e ha raggiunto qualche semifinale nei tornei del WPT. Sa come si gestiscono partite ad alta tensione e ci tiene tanto, al punto che mi ha dato piena disponibilità per allenarsi e giocare con chiunque.

Andre Britos.
Come Tamame, anche lui vive in Spagna, a Barcellona. Mi è piaciuto tanto per due ragioni principali: abbiamo diversi ottimi giocatori di sinistra ma serviva uno di destra molto solido che li accompagnasse. È con noi da tre anni e non ha mai sbagliato una partita, uno dei giocatori più regolari che abbia visto. La partita giocata l’anno scorso ai Mondiali di Asuncion insieme a Bruno contro gli argentini Belluati e Lamperti, è stata tanta roba, persa solo al terzo set. E quanto è stato utili Britos in quell’occasione per Michele Bruno? Tantissimo, sotto ogni aspetto.

Marcelo Capitani.
Non gioca più nel circuito professionistico ma l’ha seguito per tanti anni. Ormai fa parte del nostro movimento (è stato CT delle nazionali giovanili ai recenti Mondiali di Castellon n.d.r.) e praticamente lo considero italiano, perché vive in Italia da quattro anni, a Latina: gioca ancora tutti gli Slam ed è una sicurezza assoluta. Tra lui e altri top player italiani c’è ancora un gap notevole.

Michele Bruno è una delle punte della nostra nazionale.

Dopo i professionisti italo-argentini, gli azzurri, a partire da Enrico Burzi.
È l’italiano che gioca a padel da più tempo, anche mentre stava costruendo la sua carriera professionistica a tennis (classe 1981, è stato numero 256 ATP nel 2009 n.d.r.). Non so dirti quanti Europei e Mondiali ha giocato perché ha cominciato che aveva 17 anni. Vive in Spagna e, italo-argentini a parte, è il più forte padelista della storia italiana. Molto abituato all’alta competizione, sa mantenere alto il ritmo di gioco a lungo e ha avuto la forza, negli ultimi due anni, di adattarsi a giocare anche a destra. Molto affidabile.

Michele Bruno.
Nell’ultimo anno e mezzo è stato il giocatore italiano che è cresciuto di più, con caratteristiche offensive molto valide. Nell’ultimo Mondiale ha potuto giocare tante volte con i professionisti ed è migliorato in maniera esponenziale. Riuscisse a farlo più spesso, ha buoni margini di crescita perché gli manca ancora continuità ad alto livello.

Daniele Cattaneo.
Il primo italiano a trasferirsi in Spagna per un buon periodo, tra Madrid e Barcellona. E si è visto subito, nel confronto con altri giocatori italiani. Ha cominciato a giocare a sinistra, ma quando c’è stato bisogno di spostarsi a destra, ha vinto una delle partite più belle della nostra nazionale, quella per il terzo posto agli Europei di due anni fa contro la Francia, in coppia con Capitani. Per un commissario tecnico, avere giocatori disponibili a cambiare posizione è un bel vantaggio.

Simone Cremona.
È il giocatore di destra più solido tra quelli che partecipano al circuito italiano e, non a caso, quello che è stato capace di vincere più match con compagni diversi. Questa capacità di adattamento, in nazionale paga particolarmente perché puoi cambiare formazione in base agli avversari che devi affrontare.

Infine, Lele Fanti.
Nelle ultime due stagioni, lui e il suo compagno, Alessandro Tinti, sono stati protagonisti in tanti tornei. Hanno battuto tutte le coppie più forti ma ancora manca un successo pieno in un torneo importante. È un solido giocatore di destra.