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COVID-19

Il padel riapre. Anche in zona rossa

Il Coni ha stabilito che i partecipanti a manifestazioni di interesse nazionale, abbiano il diritto di allenarsi nei centri sportivi anche delle zone rosse. Però siamo proprio certi che tutti gli eventi concordati abbiano quel genere di interesse (anche se nel padel sono pochissimi)?

di Claudio Mauri
8 novembre 2020

Fatta la legge, trovato l’inganno. O quantomeno il cavillo. Il DPCM in vigore da venerdì scorso, ha sostanzialmente chiuso i centri sportivi nelle cosiddette zone rosse, quindi le regioni di Lombardia, Piemonte, Valle d’Aosta e Calabria, al punto che qualche appassionato ha scelto un rapido trasferimento in zone gialle, dove la pratica è consentita con scarse limitazioni. Tuttavia, al DPCM ha fatto seguito una precisazione del CONI che ha permesso in parte di aggirare le regole stringenti del DPCM stesso. Come si legge da una lettera inviata ai circoli da parte del Comitato Tennis (e padel) della Calabria, il nostro Comitato Olimpico avrebbe inserito una lunga serie di manifestazioni da considerare di interesse nazionale, consentendo ai giocatori che ne devono prendere parte di allenarsi, sia all’aperto sia indoor. Curioso che tra queste manifestazioni di interesse nazionale vi siano anche tornei limitati a giocatori di quarta categoria o senza alcuna classifica, generalmente stimati over 50, certamente appassionati ma ben lungi da poter essere considerati di un qualsiasi interesse, anche non nazionale. Certo, nel padel, tornei di questo genere sono ancora rari, ma probabilmente sono destinati a crescere nell’immediato futuro.

Tra le manifestazioni di interesse nazionale per le quali è consentito l’allenamento, ci sono tornei limitati a giocatori di quarta categoria, generalmente stimati over 50, certamente appassionati ma ben lungi da poter essere considerati di un qualsiasi interesse. Ed è sorprendente che a istituire la lista sia stato proprio il Comitato Olimpico, in controtendenza con i moniti del Ministero della Salute

E, per estensione, molti club in zona rossa, hanno deciso di considerare abili ad allenarsi, tutti i giocatori dotati di tessera agonistica rilasciata dalla federazione, indipendentemente dall’iscrizione a una delle manifestazioni indicate dal CONI. Un dettaglio non esattamente trascurabile e che andrebbe chiarito, mentre pare che tali allenamenti siano comunque di tale comprovata necessità da consentire gli spostamenti da un comune all’altro e da una regione all’altra (nella speranza che di questa faccenda siano a conoscenza anche le autorità preposte al controllo). E così diversi club, anche nella martoriata provincia di Milano, hanno già riaperto i cancelli, altri promettono di farlo dalla giornata di domani.

Ora, si può discutere sul fatto che fosse corretto chiudere lo sport, soprattutto certi sport, attività meno pericolose di tante altre rimaste aperte (dov’è il maggior rischio tra un match di tennis/padel e lo shampoo dal parrucchiere?), tuttavia quello che sta accadendo è quantomeno paradossale. È chiaro che agli atleti professionisti e agli aspiranti tali andrebbe consentito di continuare ad allenarsi perché si tratta di pura attività lavorativo e professionale. Uno sportivo di alto livello costretto a fermarsi un paio mesi subisce un danno notevole, ben più evidente di quello che potrebbe apparire a chi non conosce lo sport. Però sarebbe stato opportuno da parte del Coni e delle relative federazioni, creare delle liste con nominativi credibili e non aprire indiscriminatamente a tutti i tesserati agonisti, una categoria che comprende i top players come il cumenda che è riuscito a superare il test dei tre scalini e convincere un medico sportivo a rilasciargli una tessera atleta, anche di atletico ha solo la tessera.

Si può anche trovare comprensibile l’esultanza dei gestori dei centri sportivi che, grazie a questo escamotage, possono tornare a svolgere una qualche attività, con relativa fatturazione; tuttavia, è sorprendente che a istituire il cavillo sia stato proprio il Comitato Olimpico, in controtendenza con i moniti dello stesso Ministro della Salute, Roberto Speranza. E, nonostante sia stato chiarito il rischio di contagio, le prenotazioni dei campi appena resi disponibili, sono state prese d’assalto.

Dopotutto, se l’attore principale dello sport italiano (il Coni) decide che un atleta (sic) classificato in quarta categoria che deve giocare il torneo Open limitato 4/NC di Fiorano al Serio è legittimato ad allenarsi in barba a un decreto del Consiglio dei Ministri, all’appassionato non resta che adeguarsi. Personalmente, per quanto ci possa far piacere un rientro all’attività sportiva, e padelistica in particolare, questa scelta appare tipica del Paese dei Furbetti, con la speranza (non solo del ministro) che qualcuno non debba pagare un prezzo troppo alto.