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La Signora del Padel: Marcela Ferrari
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La Signora del Padel: Marcela Ferrari

Per sette anni ha allenato il più forte giocatore della storia, Fernando Belasteguin. Ora ha una sua accademia a Barcellona ed è CT della Nazionale italiana. Abbiamo incontrato Marcela Ferrari per farci raccontare cosa vuol dire per una donna allenare nel circuito maschile, aver diviso il campo per sette anni con una leggenda e della crescita del padel italiano


Nel mondo dello sport, le pari opportunità sono un obiettivo ancora lontano e la Spagna passa per essere un paese particolarmente machista. Per questo l’impresa di Marcela Ferrari Cestro, 38 anni, argentina di Buenos Aires trasferitasi a Barcellona da quando ne aveva cinque, è ancora più significativa: per sette anni ha allenato il più forte giocatore della storia del padel, Fernando Belasteguin (15 anni consecutivi in vetta al ranking, prima in coppia con Juan Martin Diaz e, dal 2015 fino a pochi mesi fa, col brasiliano Pablo Lima), unica coach donna in un panorama molto maschile, per non dire maschilista. Ex buona giocatrice di tennis fermata da un infortunio alla spalla, ha mostrato immediatamente la sua attitudine all’insegnamento, fino a ricevere l’incoronazione del Rey: «È una professionista incredibile – dice Belasteguin di Marcela – che cura ogni minimo dettaglio. Ma è ancora più straordinaria come persona: in sette anni, nonostante i problemi che sono soliti avere i giocatori professionisti, non mi ha mai fatto mancare il suo sorriso. Avere al fianco una persona così positiva è stato di grande aiuto per la mia carriera».

Marcela è anche molto legata all’Italia: nella sua accademia al Club Esportiu Laietà di Barcellona, di fronte al Camp Nou, lavora a braccetto con Andrea Balducci, manager che si preoccupa (tra le altre cose) di alimentare le relazioni di padel tra la città catalana e l’Italia. Non a caso, la Ferrari, che vanta bisnonno italiano, è diventata CT della nostra nazionale femminile. L’abbiamo incontrata per farci raccontare cosa vuol dire per una donna allenare nel circuito maschile, aver diviso il campo per sette anni con una leggenda e della crescita del padel italiano.

Vieni dal mondo del tennis e, quando hai conosciuto il padel, è stato amore a prima vista?
In realtà, al principio non mi piaceva granché: rispetto al tennis, era tutto più piccolo e mi sembrava di sudare poco. Mi sembrava…. Insomma, giocavo con qualche amica ma non avrei mai pensato che sarebbe diventata il mio lavoro, la mia vita. E invece…

Dopo il primo impatto, cosa ti è piaciuto di più del padel?
La strategia di gioco e il fatto di giocare in coppia. Nel tennis sei quasi sempre solo e, pur senza essere un gioco di squadra con tanti interpreti come il basket, il volley o il calcio, giocare in coppia in uno spazio piccolo, è stimolante perché devi ragionare per conquistare un punto.

Come sta evolvendo il padel negli ultimi anni?
Molto velocemente al punto che qualche volta non riesco nemmeno a capire cosa sta accadendo! Tutto sta migliorando: l’attrezzatura, la mentalità, la preparazione fisica. Fino a qualche anno fa si giocava con racchette di legno e senza preoccuparsi di curare alcun dettaglio. Si arrivava al campo e si giocava. Adesso i migliori giocatori hanno uno staff completo e cercano il metodo migliore per allenarsi. Lo stesso accade per noi allenatori: io ho i miei riferimenti che mi aiutano a comprendere come adeguarsi ai cambiamenti di questo sport ma ogni giorno è un nuovo giorno, una nuova esperienza. Bisogna avere la pazienza e l’umiltà di imparare qualcosa di nuovo ogni volta che comincia un allenamento.

Quali sono le qualità principali che dovrebbe avere un buon allenatore di padel?
Saper ascoltare, avere ben chiaro che ogni giocatore è diverso e bisogna trovare il giusto atteggiamento con ognuno. E poi non solo aiutarli a trovare la soluzione ai vari problemi ma anche fare in modo che riescano a farlo da soli, durante un match. E chiaramente avere tanta pazienza!

«Il padel sta evolvendo velocemente al punto che qualche volta non riesco nemmeno a capire cosa sta accadendo! Bisogna avere la pazienza e l’umiltà di imparare qualcosa di nuovo ogni volta che comincia un allenamento»

Quanto è difficile allenare due persone che, inevitabilmente, hanno caratteri ed esigenze differenti?
Si allenano due persone quando non ci sono genitori e affini! Quel che conta è il team e ad alto livello ormai si parla di coach, preparatore atletico, nutrizionista, psicologo. Allenare la coppia è fondamentale perché il padel è uno sport di squadra e così va allenato. Ogni tanto è necessario seguire un giocatore individualmente per allenare qualche dettaglio e perché non diventino una vera e propria coppia di fatto! Staccarsi un po’ è necessario ma in campo bisogna sapere cosa fa l’altro, creare la giusta chimica.

In Italia ci pare folle pensare che quattro milioni di spagnoli su 42 di popolazione totale giochino a padel: come lo spieghi?
Difficile non sorprendersi, come quando racconti in Italia che i nostri club hanno cinque, dieci, quindici campi. Difficile capire quale potrà essere la propria evoluzione del padel in Spagna ma l’importante è lavorare tutti insieme, ognuno nel suo settore, perché questa crescita sia continua.

Cosa puoi dire ai maestri di tennis italiani che talvolta mostrano paura nei confronti del padel perché può rappresentare una forte concorrenza al loro lavoro?
Posso capirli perché arriva uno sport che viene presentato come il fratello minore e invece piano piano cresce fino a diventare un vicino di casa molto ingombrante. Però sono convinta possano coesistere e anzi anche aiutarsi, anche se la specializzazione è fondamentale per crescere. Chi vuole insegnare padel, deve studiare d maestro di padel. Non basta saper insegnare la volée o il back di rovescio per improvvisarsi istruttore di padel. Avere una base tennistica aiuta ma non è certo sufficiente.

Tutti d’accordo nell’affermare che un background tennistico aiuti: ma con tre anni a disposizione, meglio cominciare con un ex tennista o con un ragazzo che non ha mai preso in mano una racchetta e non si porta dietro alcune idee non sempre compatibili col padel?
Ho sempre pensato che fosse meglio aver giocato a tennis ma adesso che il padel si è evoluto e sono nate tante scuole per ragazzi, è diventato uno sport a sé come tanti altri e quindi un bambino comincia a giocare direttamente a padel senza dover necessariamente saper giocare a tennis. Sono due sport che possono sembrare simili ma appena si sale di livello ci sono tante differenze: i movimenti sono più brevi, gli appoggi diversi: il tennis può insegnare molto ma il padel ha preso la sua strada e deve percorrerla con sicurezza.

Tecnica, fisico e aspetto mentale: in percentuale, quanto sono determinanti per un giocatore di padel?
E alimentazione! Le percentuali cambiano a seconda del giocatore: c’è chi ha più talento e magari lavora meno sul fisico o viceversa, ma la parte mentale è quella che conta di più. Chiaramente, se non sei supportato da una buona tecnica e da un fisico allenato, non diventi forte, ma senza strategia e la giusta mentalità il padel diventa uno sport molto complicato. E poi è uno sport di coppia, quindi è naturale che la relazione che si crea col compagno sia determinante e in questo caso essere forti mentalmente aiuta.

Sei la CT della Nazionale italiana: come giudichi la situazione del padel in Italia?
Ricordo la prima volta che sono venuta ad allenare in Italia: tutte giocavano benissimo a… tennis! Avevano grinta, coraggio e una buona mentalità ma conoscevano poco i movimenti del padel. Ora il livello sta crescendo molto rapidamente e per me è un onore allenare la vostra Nazionale. Abbiamo fatto bene ai Mondiali in Paraguay, una coppia azzurra (Pappacena/Sussarello n.d.r.) si è qualificata per il tabellone principale di una tappa del World Padel Tour, un passaggio fondamentale nella crescita e soprattutto stanno imparando a giocare a padel e non solo a sfruttare le loro qualità tecniche.

Per progredire in maniera decisiva, passare dalla Spagna e dai suoi coach è una tappa obbligatoria?
La Spagna è la culla del padel, ci sono coach esperti, ottimi sparring, tanti tornei e un livello di competizione molto alto. Però è possibile crescere anche allenandosi in Italia, basta trovare la situazione giusta, con allenatori capaci. Al principio, anche Bela (Fernando Belasteguin, numero uno del mondo per oltre un decennio n.d.r.) non aveva grandi sparring ma c’erano comunque ottime sensazioni e condizioni e questo gli ha comunque permesso di essere il più forte. Poi in Spagna c’è stato un boom e di questo certamente ne possono beneficiare tutti i giocatori che decidono di trascorrere un periodo da noi.

Una gallery di immagini tratte dal profilo Instagram dei Marcela Ferrari

Quanto tempo ci vorrà perché una coppia italiana possa essere protagonista nel World Padel pur? Nel tennis abbiamo aspettato 41 anni per riavere un top 10…
Beh, nel padel speriamo di non dover aspettare tanto altrimenti non potrò festeggiare l’evento! In Italia si sta lavorando bene, anche sui giovani, quindi sono fiduciosa che non dovremo aspettare così tanto tempo ma comunque non credo possa essere un obiettivo a brevissimo termine perché spagnoli e argentini partono con un vantaggio notevole.

Quali sono i paesi che stanno crescendo di più a livello tecnico
Spagna e Argentina restano il top ma l’ultimo Mondiale femminile lo hanno vinto le portoghesi, l’altro paese europeo dove il padel è molto popolare. Poi la Svezia, la Francia, il Brasile. Sono appena stata in Giappone e anche laggiù il movimento cresce. E nel World Padel Tour ha fatto l’esordio un giocatore cinese. Una maggior concorrenza internazionale farà bene anche alla Spagna.

Però ancora i giocatori professionisti non guadagnano grandi cifre…
I dirigenti del World Padel Tour stanno facendo un grande lavoro e poi comunque io non guadagno sul prize money quindi sono meno interessata! (ride). Chiaramente è necessario che un sempre maggior numero di giocatori possa vivere di padel, come accade in tanti altri sport, anche se non è pensabile di raggiungere in breve tempo i montepremi che distribuiscono i tornei di tennis. Da fuori è facile criticare, ma chi conosce il circuito, sa che la strada intrapresa è quella giusta.

Il prossimo anno anche l’Italia organizzerà una tappa del World Padel Tour: è il momento ideale per un evento di questo livello?
Io sono super felice! Sarà importante per l’Italia ma in generale per tutto il circuito internazionale, esattamente come accade quando si gioca in Portogallo o Svezia. Sarà una grande festa col vantaggio di avere alle spalle una Federazione, quella del tennis, che organizza eventi di grande prestigio e quindi conosce benissimo tutti i meccanismi.

Federer e Nadal contro la miglior coppia al mondo di padel: cosa succede se giocano contro subito e dopo un anno di allenamenti mirati?
Parliamo di due fuoriclasse che credo avrebbero raggiunto risultati straordinari qualsiasi disciplina avessero scelto. Però sono anche convinta che la miglior coppia di padel vincerebbe comunque. In ogni caso, mi divertirei un sacco a vedere quel match.

«Ricordo la prima volta che sono venuta ad allenare in Italia: tutte giocavano benissimo a… tennis! Avevano grinta, coraggio e una buona mentalità ma conoscevano poco i movimenti del padel. Ora il livello sta crescendo molto rapidamente»

Gustavo Spector mi ha detto: «Per vincere a padel serve mettere in coppia due persone molto intelligenti».
Se lo ha detto lui, è giusto! Il padel è come la vita e quindi essere intelligenti aiuta. Sia perché è uno sport di grande strategia sia perché uno sportivo di alto livello deve essere cosciente degli sforzi necessari per restare al vertice. Bisogna sapersi sacrificare, lottare. Soffrire. Non è per tutti.

Il padel presente un numero infinito di situazioni: quanto è difficile allenare in uno sport dove non si possono usare troppi schemi?
Infatti l’aspetto più difficile è cercare di semplificare il gioco. È uno sport nuovo dove si deve anche sperimentare prima di trovare delle soluzioni e che comunque evoluziona molto rapidamente. Fondamentale è insegnare delle buone basi e poi saper adattare la crescita tecnica alle sensazioni e alle qualità di ogni singolo giocatore.

Possiamo parlare di metodo spagnolo nel padel?
Per insegnare padel in Spagna devi essere abilitato dalla federazione e quindi devi imparare determinate nozioni. Poi ognuno guarda, conosce, osserva e si evolve secondo i suoi convincimenti. Poi essendo nuovo e con tante possibili soluzioni che è normale vedere certe cose in maniera differente, anche perché non sempre esiste una sola soluzione valida. Difficile creare una metodologia con delle regole certe.

«Federer e Nadal contro due top players a padel? Parliamo di due fuoriclasse che avrebbero raggiunto risultati straordinari qualsiasi disciplina avessero scelto. Però sono convinta che la miglior coppia di padel vincerebbe comunque»

Come si allena un tipo come Belasteguin che è stato numero uno del mondo cpsì a lungo?
Abbiamo lavorato insieme per sette anni ed è stato come frequentare un master: ho imparato tantissimo e credo sia stata un’esperienza unica, ma quando lo allenavo per me non era semplicemente il numero uno ma un giocatore che doveva aiutare, dando sempre il 100% di me stessa, come faccio con chiunque. Però con lui era facile perché è un professionista esemplare, un grandissimo lavoratore che non mollava una palla nemmeno in allenamento. Riesco ancora ad assaporare quei momenti con grande felicità.

Però com’era un’ora allenare il più forte di tutti i tempi e quella dopo un ragazzo normale?
Per mia fortuna, riesco a non fare differenza. Cambiano gli obiettivi: per Bela era essere il numero uno, per il giocatore di club battere il suo collega d’ufficio. Possono apparire due cose molto diverse ma per ognuno di loro hanno la stessa importanza e quindi io metto la stessa attenzione, chiaramente tenendo conto del livello di gioco e dei limiti fisici di un giocatore non professionista. Vero che non amo fare troppe lezioni al giorno perché mi piace sempre dare il massimo, senza avere dei cali. Ma se scendo in campo, un mio giocatore sa che cercherò di aiutarlo in ogni modo, che sia il numero uno, il numero cinquecento o un amateur. 

Dove ti vedo fra cinque anni?
Sempre lavorando nel mondo del padel, con la speranza di tornare a casa una sera, accendere la tv sul telegiornale e vedere che si parla del nostro sport. E poi voglio far crescere la mia scuola a Barcellona.

«Non faccio differenze quando alleno, cambiano solo gli obiettivi: per Bela era essere il numero uno, per il giocatore di club battere il suo collega d’ufficio. Possono apparire due cose molto diverse ma per ognuno di loro ha la stessa importanza e quindi metto la stessa attenzione»

Gli allenatori di calcio dicono che è importante fare esperienza in altri campionati, in altri paesi: se ti arrivasse l’offerta da una federazione straniera, accetteresti la sfida di lavorare lontano dalla Spagna?
Sono aperta a nuove esperienze anche se dovrebbe arrivare l’offerta giusta perché in questo momento la Spagna è il paese dove il padel è più sviluppato. E comunque prima dovrei migliorare il mio inglese e pure l’italiano! Io cerco di godemri quello che la vita mi offre.

Avrei voluto resistere ma è impossibile, anche se è un tema che avrai dovuto trattare mille volte: una ragazza che allena la coppia più forte al mondo del circuito maschile: come ci sei riuscita?
Beh, intanto sono super contenta perché adesso è diventata l’ultima domanda e non più la prima! E chissà, un giorno sarà considerato normale. Lo sport è sempre stato un ambiente molto maschile ma si sta evolvendo anche sotto questo aspetto e sono contenta di aver aperto questa strada anche nel padel. Per me non ha mai fatto differenza allenare uomini o donne; anzi, fino a quest’anno nel World Padel Tour ho sempre allenato solo in campo maschile, un’esperienza importante e che mi ha dato grande visibilità, come è normale quando il numero uno al mondo si fida di te e del tuo lavoro. E comunque a me piace allenare chiunque: uomini, donne, professionisti, giocatori di club e anche su sedia a rotelle, un’attività che mi riempie d’orgoglio e che stiamo facendo crescere nella nostra scuola.

Dopo tanti anni, Belasteguin ha perso il torno mondiale anche perché è stato infortunato a lungo e ora ha cambiato compagno, scegliendo un talento molto giovane, Agustun Tapia, 20 anni: credi possa tornare in vetta?
Sicuro! È sceso perché dopo così tanti anni al massimo livello, il suo corpo ha chiesto il conto. Però ora è tornato, tornerà a lottare per vincere qualsiasi torneo e rimarrà al vertice ancora a lungo. Lo conosco bene e ne sono convinta.


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